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il 21 Mar 2016

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Lorenzo Anzi e la spirale del burnout: “Cliccavo con accanimento, ecco come ne sono uscito…”

Lorenzo Anzi e la spirale del burnout: “Cliccavo con accanimento, ecco come ne sono uscito…”

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Giocare a poker e farlo per campare, certo, non è cosa semplice.

La quotidianità di un grinder è faticosa, ancor di più, forse, se la sua specialità sono gli mtt, soggetti a una varianza altissima.

Una delle problematiche che può colpire un professionista di poker, tra le tante, è il ‘burnout’, sindrome che Lorenzo ‘losqueso’ Anzi conosce molto bene, fin troppo. Lui stesso, infatti, ne è stato vittima.

“Il termine – spiega Lorenzoè preso in prestito da lavori ‘socialmente utili’ o comunque a stretto contatto col pubblico e lo stress. La sindrome, dunque, nasce nell’ambito di professioni socio-assistenziali, ambiente in cui ho lavorato per qualche tempo. Oggi però possiamo parlare di burnout anche per il poker, che non è, del resto, un lavoro basato sul contatto umano…”.

Come già anticipato, Anzi ne è stato vittima e sa bene quanto il carico emotivo sia stato decisivo per entrare in una spirale davvero fastidiosa e professionalmente ‘invalidante’.

“Se non si posseggono gli ammortizzatori necessari, sul lungo periodo il carico emotivo può rischiare di ‘sfondare’. Sono una persona molto testarda, quindi inizialmente la mia esperienza è stata molto negativa. Credo di aver vissuto tutte le fasi legate alla sindrome, ma non me ne sono accorto. I primi tempi pensavo solo di essere più tiltato del solito, poi le cose col passare del tempo peggioravano. E’ in quel momento che ho avuto la percezione fosse burnout”.

Lorenzo ci parla dei sintomi, che lui, seppur con un po’ di fatica, ha saputo riconoscere.

“Alcuni problemi extra-poker hanno smorzato la mia solita attitudine da macchina da guerra ai tavoli. Il mindset era il mio punto forte. A un certo punto la voglia di vincere ha superato quella di giocare. Oggi, quando mi rendo conto che cerco soltanto il risultato, senza compiere gli sforzi per garantirmi tale esito, capisco di essere alle soglie di un’attitudine pericolosa e faccio la cosa migliore per me: altro (ride)“.

Il romano è conscio di esserne uscito, di fondamentale aiuto, nelle fasi più acute del problema, è stato il supporto del suo coach, Antonio ‘mrprinco riv’ Volpicelli.

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“Il 2014 e l’inizio dello scorso anno sono stati l’apice del mio burnout. La prima cosa che lui mi disse fu ‘gioca solo quando ti va di farlo’, per me è diventato un mantra. In quel periodo ho swingato 10.000€, il fatto di non guadagnare soldi per un tempo lungo, più che la dimensione reale delle perdite, ha aggiunto benzina sul fuoco. Dalla primavera del 2015 a fine anno ho ripreso più di 20.000€ ad abi 10€…”.

Staccare la spina è, forse, l’unico modo per riprendere la retta via e riequilibrare la psiche malridotta.

“Sono testardo e non accettavo che potessi avere risultati così poveri, mi gettavo a capofitto massando e cliccando quasi alla cieca, proprio con accanimento. Adesso, dopo tante capocciate al muro, ho capito che in questi casi è necessario ritagliarsi degli spazi extra-poker in cui respirare e rigenerarsi. In questo mese, infatti, mi si è visto poco ai tavoli. Esco con gli amici, magari organizzo qualche serata a casa mia, che a volte è più simile a un centro sociale che a un appartamento privato (ride). Passo del tempo con la mia ragazza, oppure mi dedico a qualche hobby che tenga impegnato il cervello e che, allo stesso tempo, mi faccia stare lontano dai tavoli. Un giochino come Heartstone, seppur mi costringa a stare al pc, mi aiuta a staccare la spina. Meglio comunque se tali attività implicano il coltivare rapporti sociali. Il mio prossimo obiettivo, comunque, è tornare a far sport, sto diventando flaccido!”.

Quando Anzi è al tavolo, ora, è più sereno perché conosce bene le proprie reazioni emotive, che fungono quindi da campanelli d’allarme.

“Credo che tutti possano combattere il burnout più velocemente di come abbia fatto io, colpa della mia testardaggine. Cerco adesso di essere più lucido quando gioco, sto attento a osservare le mie reazioni emotive. Ovviamente son sempre lo stesso, ho i miei ‘momenti’, ma ne sono più consapevole e col passare del tempo sto acquisendo gli strumenti per gestirli”. 

Quando si ha un problema parlarne con gli altri, specialmente la famiglia, in genere è di grande aiuto. ‘losqueso’ analizza la questione con molta lucidità, sostenendo come l’esposizione di tale defaillance, di fatto, abbia dei pro e dei contro.

“Poterne parlare con tutti mi è stato d’aiuto, compresi i miei genitori, per avere qualcuno con cui condividere le sensazioni negative. Allo stesso tempo, il fatto che nessuno potesse comprendere nello specifico le dinamiche del mio problema, a volte, alimentava il senso di estraniazione e insolubilità. E’ stato fondamentale quindi l’aiuto del coach, che mi ha riacchiappato psicologicamente ancor prima che tecnicamente. Ho scoperto che anche Volpicelli ha messo in piedi i suoi strumenti per evitare il burnout: fa lunghi viaggi e periodi senza cliccare, alternati a grandi masse di gioco. Credo che chiunque abbia in testa di fare questo lavoro a lungo prima o poi dovrà misurarsi col burnout e predisporre di propri strumenti per contrastarlo. E’ importante, da questo punto di vista, avere altre entrate. Ci si deve rendere conto che guadagnare soldi con un gioco è un privilegio, ma ci vuole un attimo a far diventare il privilegio una condanna…”.

 

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