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il 5 Nov 2009

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L’autobiografia di Doyle Brunson, “Godfather of Poker”, esce l’11 novembre

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Sarà disponibile l’11 novembre nelle librerie online e non “The Godfather of Poker”. L’autobiografia di “Texas Dolly” Doyle Brunson conterrà ben 372 pagine di storie indimenticabili e immagini inedite del più grande ambasciatore del poker. Il libro inizia col botto. Letteralmente. Il primo episodio narrato è infatti quello ormai famoso della sventata rapina che ha subito nell’aprile del 98, subito dopo aver vinto il suo ottavo titolo di campione del mondo.

Doyle si è salvato fingendo un infarto. Con un grande salto indietro, ci viene poi presentato suo padre, a sua volta grande giocatore che contribuiva fortemente coi guadagni del poker al bilancio famigliare. Non ne parlava però mai, ed era un hobby mal visto anche al college frequentato da Doyle, che infatti è finito cinque volte davanti alla commissione disciplinare per gioco d’azzardo.

La scelta di dedicare la vita alle carte è stata anche dovuta ad un incidente che gli ha impedito di diventare professionista di pallacanestro con i Minneapoli Lakers nel circuito NBA. Il poker all’epoca era illegale, ed aveva parecchi legami col crimine organizzato. Doyle ricorda innumerevoli episodi, tra cui parecchi anche tragici, come accoltellamenti e sparatorie con tanto di amici morti ammazzati.

Nel 58 Brunson venne a conoscenza del Texas Hold’em. Ricorda: “Era una variante divertente, e si muoveva più velocemente degli altri giochi. Per questo alla fine è diventato così famoso”. Lo stesso anno – ne aveva venticinque – Doyle perse in in pochi mesi innmerevoli parenti, compresi padre e fratello. Fu un periodo tragico, e quando i famigliari gli chiedevano che lavoro facesse, rispondeva che lavorava per Convair, una fabbrica di aerei a Dallas.

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Altro momento critico fu stato quando gli venne diagnosticato il cancro, con una prognosi di pochi mesi di vita. Ora sappiamo che l’ha scampata.

Pagina dopo pagina, è interessante seguire l’evolzione del gioco ed in particolare il radicale cambiamento al riguardo dell’opinione comune. Sulle WSOP del 72, ricorda che temeva che la grossa visibilità dell’evento di cui era stato vincitore potesse portare un pessimo nome alla sua famiglia.

Brunson si stupisce spesso della legittimità che il poker ha ottenuto come gioco e professione. Leggendo “The Godfather Of Poker” potete facilmente intuirne il perché.

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