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il 25 Ott 2012

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Perchè il poker non è più divertente?

Perchè il poker non è più divertente?

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Ogni giorno, per lavoro spesso e per piacere altre, mi capita di leggere in giro per i vari portali di poker articoli che riguardano il nostro amato giochino. Il più delle volte sono news sul mondo del poker, qualche interessante promo delle poker room, tematiche tecniche, gossip di vario genere. Ma ci sono volte in cui ti capita di leggere alcuni articoli e fermarti a pensare “Ecco caxxx(spita) è esattamente quello che penso anche io!”.

Sono editoriali di addetti ai lavori e giocatori che aprono interessanti spunti di discussione che è necessario portare avanti per poter vedere il gioco del poker continuare a splendere. E’ quello che mi è capitato leggendo i bellissimi articoli di Donnie Peters (su pokernews, ah già forse non si può dire che nonostante i blocchi noi riusciamo ancora a leggere certe informazioni sui punto com) e di Steve Ruddock (su pokernewsboy). Entrambi centrano in modo impressionante uno dei problemi principe (secondo me) del poker moderno. Ai tavoli non ci si diverte più.

Ai tavoli non ci si diverte

L’articolo di Donnie Peters parte da un’esperienza che ho condiviso personalmente, il torneo della stampa durante l’ultimo EPT di Sanremo. Una trentina di giornalisti provenienti da ogni parte del mondo che alla modica cifra di 20€ (rebuy) a testa si siedono in mezzo alla sala grande del torneo per un torneo che mette in palio più la coppa del divertimento che quella del premio in denaro. L’aggiunta nel field di alcuni Poker Pro come Roberto Romanello non fa che accrescere la voglia di sfidarsi con il sorriso, e se ricordo bene i bicchieri pieni portati ai tavoli hanno fatto decisamente più rebuy che non il torneo. Questo per dire che già dopo le prime mani è stato un crescere di gag e situazioni divertenti che hanno portato probabilmente ad alzare il tono della voce in una sala altrimenti completamente muta. Forse per questo i floorman dell’EPT sono subito corsi dalle nostre parti e ogni cinque minuti ci intimavano al silenzio perchè a loro dire si disturbava il corso dell’evento 2.000€ NLHE che si stava disputando pochi tavoli di fianco al nostro.

Guardando i player seduti ai tavoli “seri” il pensiero di tutti era più o meno lo stesso. “Mi sa che non si stanno divertendo molto“. Tutti seri, alcuni con le felpe tirate fin davanti agli occhi. Occhiali scuri e faccia tesa e impassibile. Cuffie nelle orecchie e poche parole al di fuori di “raise”, “call”, “allin”. E visto che noi facevamo parte di quella parte di media che avrebbe dovuto raccontare proprio la storia di quei giocatori al grande pubblico di appassionati ci chiedevamo altrimenti : “Ma che diamine mai potremmo raccontare di divertente su quel torneo?“.  Che fossero giocatori reali in carne ed ossa o cartonati virtuali  non avrebbe fatto molta differenza.

Il potere (oscuro) della televisione

Nei tornei moderni non c’è dubbio che la parte principale la giocano i diritti televisivi del tavolo finale (e non solo). Motivo per cui anche gli organizzatori sono particolarmente “severi” dal momento in cui ci sono in ballo tanti soldi per la partecipazione televisiva (non parlo del montepremi quanto proprio dei contratti TV). In molti casi dal momento in cui si arriva al tavolo finale, per il resto dei Media “minori” il gioco è praticamente chiuso.  Tavolo e dintorni off-limits, sale e porte chiuse, nessuna informazione e spesso poca possibilità anche per foto e video. I giocatori vengono di conseguenza “istruiti” di non alzarsi dal tavolo, di non fare confusione, di seguire rigidi protocolli e via dicendo.

Va da sè che la colpa non è ovviamente della produzione televisiva, ma anche in questo caso la domanda nasce spontanea. Ma il grande pubblico di semi-appassionati che la televisione dovrebbe cercare di coinvolgere (come veniva fatto un tempo) per portare nuova linfa al poker giocato, come troveranno questo spettacolo fatto di mani, 3bet, commenti scocciati (ne parleremo dopo) e analisi tecniche? La risposta è facile. Noioso.

Del resto non ci eravamo forse avvicinati meglio al poker quando all’inizio si vedeva un Phil Laak fare numeri da circo intorno al tavolo finale? O un TonyG che rompendo ogni regola alzava continuamente i toni della sfida finale?  Non sono loro (o chi come loro) ad aver portato la gente ad avvicinarsi al gioco del poker più che ogni insegnamento di ICM, value bet o quant’altro?

L’impazienza nel poker : ovvero come dimenticarsi di “non picchiare sull’acquario”

Nella sua analisi sul mancato divertimento attuale del poker, Steve Ruddock aggiunge e approfondisce altri elementi interessanti. Una delle “problematiche” suggerite è il graduale passaggio da una popolazione di giocatori che al 90% non si intendeva moltissimo delle complessità del gioco contro un 10% di giocatori abili e attenti, ad un field complessivo che in linea di massima ha ribaltato le percentuali (un 10% di giocatori occasionali che non comprendono le dinamiche del gioco e un 90% che se non altro ormai hanno compreso le regole principali).

Ciò è dovuto, secondo Steve, al momento in cui diverse comunità (e giocatori) di poker hanno capito che potevano guadagnare anche non giocando ai tavoli ma insegnando a giocare ad altri (tramite coaching, scuole e altri metodi di apprendimento). Questi insegnamenti, se è vero che hanno portato ad un generale miglioramento del livello di gioco, si sono però portati dietro anche alcuni leak che non tutti hanno ben compreso.

Non sto parlando solo di gioco (anche se moltissimi ormai di quegli “allievi” praticano un gioco assolutamente ABC alla stregua di “droni”) ma di un atteggiamento molto comune in chi ha ormai imparato i cardini del gioco. Il disprezzo e l’impazienza con quelli che sono giocatori occasionali o praticano un gioco non “corretto” (dipende poi a detta di chi…).

Il vecchio adagio “non picchiare sull’acquario” è stato così completamente messo da parte, ed il clima di gioco in qualunque tavolo (online e live) è completamente cambiato. Più che risate e ricerca di comune divertimento, si sentono sempre più spesso parole (o brutte parole) rivolte verso la giocata del “donk” di turno o commenti pesanti dopo ogni mano da parte di chi (sempre a suo dire) si sente “migliore” perchè appunto ha appreso le tecniche di base del giochino.

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Inutile dire che questo non porta altro che a due cose. I giocatori occasionali che non si divertono al tavolo e vengono presi a pugni verbalmente non torneranno a giocare. I giocatori che hanno imparato il giochino si troveranno sempre di più altri allo stesso livello al tavolo facendo diventare il gioco sempre più complesso e senza spazio per divertirsi visto che la concentrazione sarà vista come unica arma di vantaggio. Fino a che non si stancheranno anche loro.

La socialità del poker

Ovviamente non vale per tutti e stiamo facendo un discorso molto generale. Ma la differenza tra il poker di una volta e quello moderno è abissale soprattutto su questo aspetto. Come sottolinea giustamente Steve, i giocatori di oggi non sono stati portati a formare una loro personalità ad un tavolo da gioco reale. Un tempo i veterani del poker giocavano si a poker per vincere, ma erano pienamente coscienti che era anche un gioco di socializzazione e mantenere un’atmosfera divertente al tavolo (soprattutto con chi gli lasciava denaro) era uno degli obiettivi per un buon giocatore. Oggi la maggior parte dei player arriva da un mondo online dove l’abitudine è giocare dalla propria camera spesso in completa solitudine mancando quindi l’approccio più sociale e aggregativo del giochino.

Rimangono quindi vincolati al puro “profit” (che intendiamoci non è “il male” della cosa) senza curare aspetti di divertimento che il gioco stesso dovrebbe richiedere per avere lunga durata.

Il “vil” denaro

Uno degli aspetti più discussi del divertirsi al tavolo da poker è che fondamentalmente “si stanno giocando un sacco di soldi“. Questa frase di per sè racchiude un punto importante. Il gioco del poker privato dell’aspetto “denaro” ovviamente non ha ragion di esistere (non esisterebbe più il senso del bluff, del rischio della mano e via dicendo), ma il denaro in gioco non deve essere mai una parte così prominente del nostro capitale in modo da rendere quella mano o quella partita come l’ultima occasione della vita (metaforicamente e non).

L’impressione (che spesso è anche confutata dai fatti visto le ultime vicende) è che spesso alcuni giocatori facciano il passo più lungo della gamba, mettendo in gioco troppo rispetto alle loro possibilità economiche o anche solo mentali (posso essere anche ricco ma se quel denaro per me vale troppo non potrò mai giocare sereno). Il tutto porta ovviamente a non poter mai divertirsi durante una partita (chi si divertirebbe sapendo che sta giocandosi tutti i suoi averi?), fino a reazioni eccessive in caso magari di una bad beat o appunto di una giocata fantasiosa da parte di uno di quei player poco esperti che finirebbe sotto le nostre offese verbali invece che essere vezzeggiato come dovrebbe se fossimo in grado di capire che più sono i player di quel genere più nel lungo periodo il nostro portafoglio sarà gonfio (sempre se ne avremo ancora uno e non ci giocheremo tutto nella mano dopo).

Insomma, una delle basi per potersi divertire al tavolo da poker, è certamente quella di giocare a limiti che ci competono. Lo avremo detto milioni di volte ma non mi stancherò mai di ripeterlo.

Vivere la propria vita

A carattere generale, per completare le problematiche del divertimento ai tavoli da poker, vale anche che il nostro giochino NON può mai essere tutto nella nostra vita. Vivere soltanto ai tavoli da gioco (reali o online), parlare soltanto di mani giocate durante ogni pausa e in ogni occasione, addormentarsi pensando all’ultima mano persa, svegliarsi pensando a quale partita giocare, fare del poker l’unica “arma” per costruirsi una vita non credo sia mai la strada migliore.

Anche in questo caso, per quanto possa piacerci giocare a poker, non avere altri interessi o nel peggiore dei casi “altre vie di uscita” (parlo soprattutto per chi ha scelto di mollare altre strade quali lavoro, studio o peggio per puntare tutto sulle vincite del poker in stile “li faccio io i soldi, con il poker…”) non può renderci costantemente sereni nel gioco e nell’approcciarci con gli altri giocatori al tavolo. E’ un’altra delle banalità che puntualizziamo spesso, ma la deriva che potrebbe portare una scelta di questo genere è talmente pericolosa che anche in questo caso ripeterlo aiuta sempre.

In definitiva, per ribadire quanto il divertimento nel poker possa essere importante per il futuro del nostro giochino, vale sempre chiedersi : se i giocatori non si divertono più ai tavoli da poker, se i media non si divertono più a raccontarlo, perchè mai i fan che seguono il poker dovrebbero divertirsi a seguirlo ed essere invogliati a provare a giocare?

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