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il 8 Dic 2013

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Chris Moorman come Matt Savage: “I tornei re-entry sono insostenibili nel lungo periodo”

Chris Moorman come Matt Savage: “I tornei re-entry sono insostenibili nel lungo periodo”

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Sarà probabilmente la fine dell’anno che si avvicina e a tutti ci fa un po’ tirare le somme di quello che si è fatto durante l’anno, gli obiettivi che si sono raggiunti e quelli che dovranno ancora aspettare. E’ il caso anche di Matt Savage, che pochi giorni fa ha scritto una “riflessione ad alta voce” sulle implicazioni dei tornei re-entry, ormai molto diffusi in tutta la scena pokeristica.

Questa volta ad accompagnare Savage in questo tipo di riflessioni è Chris Moorman, uno che di tornei potrebbe quasi scrivere un’enciclopedia da solo. Moorman, che quest’anno ha raggiunto la spettacolare cifra di dieci milioni di dollari vinti esclusivamente in tornei online, ha voluto dire la sua sulla formula del re-entry, che secondo lui dovrebbe vedersi sempre di meno nei grandi tornei.

Moorman ha parla di questi tornei nel suo blog, mettendo in evidenza in forma chiara e semplice gli svantaggi che il re-entry può portare al mondo del poker nel lungo periodo. Il primo fra tutti è l’allontanamento del giocatore amatoriale dai tornei. Evidentemente la formula re-entry è pensata per abbattere un po’ la varianza ma, per citare un esempio eclatante, senza varianza difficilmente Chris Moneymaker avrebbe vinto le WSOP nel 2003 e difficilmente il poker avrebbe avuto la diffusione di cui gode nei nostri giorni. Quindi, secondo Moorman, il giocatore amatoriale va tutelato e “coccolato” perché è una parte insostituibile del mondo del poker.

Se il poker live continua a utilizzare la formula re-entry alla fine ai tornei ci saranno due tipi di giocatori: quelli che possono permettersi di fare tutti i buy-in possibili e quelli che invece possono permettersi solo uno, che saranno nettamente in svantaggio contro i pro. Moorman fa un esempio molto provocatorio in merito: “Sarebbe stupido bluffare e mettere Daniel Negreanu o Phil Ivey all-in durante il Day1 di un torneo se sai che possono fare re-buy visto che i soldi significano molto poco per loro“.

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Moorman finisce il suo post parlando di due tornei in cui la formula re-entry ha avuto un peso decisivo. Il primo il recente WPT di Montreal, in cui il numero di giocatori è stato decisamente minore rispetto all’anno scorso (862 per 1173 nel 2012). Moorman pensa che il principale motivo per questo calo di iscritti è proprio il re-entry:

In teoria potresti pagare fino a 11.400$ di buy-in [i tre giorni di 3.850$, NdA], ma il minimum cash è di 5.204$. Quindi se giocassi tutti i Day1 avresti bisogno di finire fra il primo 5% per vincere soldi (45 su 862). Ciò significa che in un torneo re-entry ci sono pochi vincitori“.

Il secondo torneo che Moorman cita è il dieci milioni di dollari garantiti al Seminole Hard Rock Casino dell’estate scorsa. In questo torneo pazzo da 5.300$ di buy-in e in cui non c’era limite per le re-entries l’heads-up è stato effettivamente giocato da due grandi giocatori come Blair Hinkle e Justin Bonomo, che aveva speso niente meno che cinque buy-in per poter arrivare così lontano.

Essendo quindi una formula che concede non pochi privilegi ai poker pro, Moorman crede che debba essere usata con minor frequenza, e tornare il più possibile al vecchio “freezeout” che tanti bei momenti ha lasciato alla storia del poker.

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