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il 15 Nov 2014

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Ludopatia e gioco d’azzardo: per il Fatto Quotidiano “un paradosso tutto italiano”

Ludopatia e gioco d’azzardo: per il Fatto Quotidiano “un paradosso tutto italiano”

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Uno dei più grandi passi in avanti che il Texas Hold’em è riuscito a fare nel corso degli anni è stato quello di dissociare la parola poker dal concetto di gioco d’azzardo.

Far capire alla gente che non esiste nessun “banco” che vince per forza, ma esistono concetti come studio, preparazione e gestione del bankroll che se applicati con dovizia portano a raggiungere degli ottimi risultati.

L’immaginario collettivo, specie in Italia, pullula di persone rimaste in mutande, che si sono giocate casa moglie e figli, come se questa fosse una naturale conseguenza di qualsiasi giocatore di poker.

Quando si parla di poker sportivo, non lo si fa per rendere il prodotto più appetibile, ma per mettere in guardia chi pensa che nella disciplina conti solo ed esclusivamente il “fattore C”.

Di storie infelici, nelle quali il gioco d’azzardo ha letteralmente consumato l’esistenza di una persona, ce ne sono tantissime, dall’insospettabile vicino di casa a noti personaggi della televisione, come ad esempio Emilio Fede o Marco Baldini al quale il Fatto Quotidiano ha dedicato un bellissimo articolo proprio qualche giorno fa.

Perché le loro storie, come quelle di tanti altri giocatori andati in rovina, raccontano un pezzetto d’Italia. Una parte nascosta, nulla di “serio” rispetto alle notizie, quelle “vere”.

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Eppure il settore del gambling nel nostro paese sposta cifre a nove zeri, sia nelle casse dello Stato che in quelle della malavita. Come sostiene Nanni Delbecchi nel suo articolo, in Italia i casinò – gli unici posti in cui il gioco d’azzardo può essere legale e controllabile – sono proibiti, mentre “tutto il resto è permesso; anzi, incoraggiato“.

Il risultato è che se quattro vecchietti si giocano il bianchino al bar c’è il rischio che arrivino i carabinieri; però ci si può giocare le mutande sullo smartphone, oppure nelle sale slot aperte ogni cinquanta metri (record mondiale), ma controllate dalle stesse, pochissime mani sospette. Lo stato -prosegue Delbecchi – ha fatto di tutto perché il giocatore a rischio, già portato di suo a isolarsi, diventi invisibile oltre che inguardabile, e quindi per spingerlo alla rovina“.

La normativa italiana sulle sale poker rimane piuttosto ambigua, con circoli che dall’oggi al domani vengono posti sotto sequestro con motivazioni arbitrarie – come ad esempio il recente episodio che ha coinvolto un circolo di Modena – per poi essere riabilitati dalle sentenze della Cassazione.

Il discorso non è incentrato sullo stabilire perché un torneo freezout sia ritenuto legale mentre un torneo re-buy non lo sia, ma sul fatto che si faccia di tutto per disincentivare un approccio sano al gioco, invece di creare delle norme sensate che privilegino l’aspetto sportivo.

Come ci ha raccontato Robert Altman in California Poker, nel profondo del cuore, i giocatori vogliono una cosa sola, continuare a giocare; e hanno una sola paura, vincere così tanto da non poterlo fare più. Paura pressoché immaginaria ovunque; ma mai quanto in Italia“.

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