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il 24 Giu 2015

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Come nasce un reportage serio sul poker: il racconto di Daniele ‘Quit The Doner’ Rielli

Come nasce un reportage serio sul poker: il racconto di Daniele ‘Quit The Doner’ Rielli

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Solitamente trattato dai media generalisti alla stregua dei giochi di pura alea e in cui il banco vince sempre, nei giorni scorsi il nostro amato poker è stato oggetto di un bellissimo e approfondito reportage pubblicato sul sito Internazionale.it a firma Daniele ‘Quit The Doner’ Rielli.

In seno alla comunità la prima reazione alla lettura dell’articolo è stata senza dubbio di stupore: dopo anni, sembrava sempre più difficile che un giornalista decidesse di approcciarsi seriamente a un gioco sbrigativamente etichettato come azzardo dal sentire comune.

Daniele spiega come è nata l’idea del reportage:

“All’inizio avevo in mente di fare un lavoro a puntate sull’azzardo in Italia. Avevo anche iniziato a frequentare un gruppo di recupero per ludopatici. Nel mio percorso di ricerca poi mi sono appassionato al poker, e ho cercato di approfondire. In tutto, per documentarmi, ho impiegato un anno”.

I tempi dilatati si sono resi necessari per approfondire la sua conoscenza dell’argomento:

“Nel frattempo ho portato avanti altri lavori, non sono stato un anno intero a testa bassa solamente sul poker… Ma per fare una cosa fatta bene, e renderla fruibile a chi è lontano da questo mondo, di fatto non avevo altra scelta: prima di iniziare a documentarmi avevo giocato solamente qualche partitella tra amici per divertimento…”

C’è però da dire che Daniele è una sorta di ‘mosca bianca’ nel panorama italiano dell’informazione: in questi tempi in cui tutto resta alla superficie, lui ha scelto la strada dello scavare per andare a fondo delle cose.

Proprio l’atteggiamento estremamente superficiale della informazione italiana, secondo Rielli, è la prima causa del trattamento che viene riservato al poker alla texana sui media generalisti:

“Per capire i meccanismi del gioco bisogna approfondirlo, ma ovviamente l’informazione italiana non approfondisce assolutamente nulla, restano alla superficie – dice Daniele – In Italia c’è un pregiudizio nei confronti di determinati ambienti che è davvero difficile da scalfire. Potrei fare il parallelo con il mondo della musica elettronica, che qui da noi è un po’ demonizzato mentre altrove viene visto come un business come un altro. Comunque la mia attitudine alla lunghezza non è progettuale: semplicemente, credo che dopo anni passati a leggere news di tre righe, i lettori vogliano andare a fondo delle cose per capirle meglio”.

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Daniele spiega come lo stare a contatto con i professionisti di poker gli abbia addirittura ‘aperto la mente’:

“Sicuramente mi ha colpito il modo con cui i poker pro si rapportano alla varianza: noi non pokeristi nella vita normale tendiamo ad accorgerci che esiste il caso solo quando le cose vanno male – dice – I pokeristi invece hanno un rapporto più sano con la casualità che è implicita nella vita. Per certi versi questo lavoro mi ha anche aperto un po’ la mente, perché ti rendi conto che ci sono forze oscure con cui ti devi rapportare in modo razionale, senza aspettare il fato e il destino ma giocando il tuo ruolo tenendo sempre e comunque conto della loro presenza”

Non solo. Rielli è convinto che la popolazione che anima i tornei di poker live sia ricca di talenti:

“Nei tornei di poker live c’è un po’ di tutto, a iniziare da tante persone intelligenti che comunque fanno parte di quella che si chiama società del rischio, ovvero professionisti che cercano sempre di sperimentare cose nuove. A mio avviso nell’ambiente del poker ci sono tante persone che avrebbero potuto fare ottime carriere nei settori più disparati perché avevano del talento da spendere nella vita, e invece si sono buttati sulle carte: per me è una scelta come un’altra”

Chiuso il suo lavoro col poker, in questi giorni Daniele sta seguendo l’uscita nelle librerie del suo nuovo romanzo ‘Lascia stare la gallina’.

La speranza di tutti noi appassionati delle due carte è che in futuro torni a scrivere del nostro amato gioco, e che sempre più professionisti dell’informazione vi si approccino con la sua stessa serietà.

 

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