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il 6 Ott 2016

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“La nobile arte del bluff”: recensione del libro sulla partecipazione al Main Event WSOP 2011

“La nobile arte del bluff”: recensione del libro sulla partecipazione al Main Event WSOP 2011

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Accolto Oltreoceano dai favori della critica, “La nobile arte del bluff” è il romanzo in cui Colson Whitehead racconta la sua avventura al Main Event WSOP 2011 prendendo il poker come punto di partenza per riflessioni sulla vita a 360°.

“Ogni volta che giochi una mano racconti una storia, dal call di apertura al rilancio sul river…” scrive Whitehead evidenziando i punti in comune tra narrazione letteraria e gioco al tavolo verde in cui, prima di aver accettato l’invito per Las Vegas di un settimanale sportivo statunitense, spiega di essersi dilettato esclusivamente al college nelle classiche partite con gli amici.

Consapevole della sua scarsa esperienza, e convinto di avere in una imperturbabile poker face il proprio punto di forza, Whitehead decide di prepararsi all’appuntamento pokeristico più importante dell’anno giocando qualche torneo di riscaldamento ad Atlantic City e reclutando una coach ‘ad hoc’.

Il libro prosegue tra digressioni sul passato dell’autore e tornei in improbabili casinò di seconda mano fino all’arrivo di Colson a Vegas, dove ritrova un gruppetto di amici intellettuali prestati al poker tra cui spicca il tre volte braccialettato Matt Matros.

L’avventura al Main Event non è però delle più felici: dopo una incredibile rimonta Whitehead trova infatti l’eliminazione al Day2 mettendole al 94% postflop con coppia di Assi contro coppia di Re… E per un letterato l’esito della mano non può che essere visto come una metafora della vita, in cui le cose vanno in porto solamente se anche la Fortuna ti dà un mano.

colson whitehead nobile arte del bluff recensione

L’autore

 

Vediamo ora quali sono i punti di interesse del libro sia per i pokeristi sia per chi di poker è a digiuno completo o quasi.

 

Per i pokeristi

Il libro è sicuramente interessante per la sua capacità di restituire il clima dei tornei di poker statunitensi, e in particolare del gruppetto di amici / coach di cui si circonda lo scrittore dopo aver saputo che deve giocare il Main Event WSOP.

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Da un punto di vista strettamente tecnico “La nobile arte del bluff” non presenta particolari strafalcioni, che per un prodotto mainstream è già tanto, almeno guardando alle abitudini italiane.

In realtà un neo c’è, quando Whitehead riporta gli stack dei giocatori e i blinds: trattandosi di tornei basterebbe la cifra nuda e cruda, l’autore invece la fa sempre seguire da ‘dollari’ dando una immagine un po’ distorta ai neofiti del gioco.

Ma per i lettori a digiuno di poker i punti di forza del romanzo sono davvero tanti.

 

Per i non pokeristi

Sicuramente il libro è un buona introduzione al Texas Holdem.

Pagina dopo pagina l’autore descrive le dinamiche del gioco, il valore dei punti, i nomi delle puntate, e dà anche qualche dritta utile a elevarsi dal rango di fish (“Quando ho smesso di inseguire i progetti ho iniziato a fare soldi”).

L’immagine del gioco è completamente agli antipodi per le nostre abitudini: il Texas Holdem viene trattato per come è, ovvero un gioco di abilità, e in tutto il libro non vi è un unico passaggio in cui venga associato all’immaginario tipico dell’azzardo.

Anzi, inserendo nel racconto i suoi amici intellettuali che hanno deciso di raggranellare soldi al tavolo verde Whitehead chiarisce che è un gioco capace di attrarre le menti più sopraffine.

La questione è evidentemente culturale: questo romanzo ci dà una ulteriore conferma che negli States il poker è visto alla stregua di un qualunque gioco mentale, più che essere reputato affine a slot & simili come purtroppo ancora accade dalle nostre parti.

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