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Strategia

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il 18 Gen 2013

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Burnout, ovvero: “Mi sono rotto di grindare!”

Burnout, ovvero: “Mi sono rotto di grindare!”

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Accade molto più spesso di quanto si pensi.

Si parte a grindare con tutta la carica del mondo, mani su mani, ore di studio hand review, una tabella di marcia predefinita e votata all’efficienza. E i risultati arrivano, eccome! Gli euro nel conto crescono rapidamente; gli status point (nel caso si grindi per scalare i livelli VIP) salgono ancora più vertiginosamente. Tutto va per il verso giusto.

E poi… il tracollo. Ci si sveglia sempre più stanchi e con meno voglia di mettersi a grindare. Le sessioni di studio ricordano quelle degli universitari la sera prima dell’esame, lo sguardo perso davanti al monitor sfocato. Continuano a succedersi alti e bassi, ma la sensazione è che questi ultimi inizino a prevalere. E alla stanchezza psicologica, dopo qualche giorno, fa eco anche il saldo dell’account, la linea verde che inizia a soffrire di carenza di A-Game.

E’ diverso da un “classico” downswing: in un periodo di bad run ciò che ci fa perdere è la varianza mista a rabbia e disperazione; in questo caso invece si ha a che fare con noia e stanchezza.

Si chiama “burnout” in gergo, ed è un meccanismo fisiologico perfettamente normale, comune a tutti coloro che svolgono attività ripetitive. Dopo un certo periodo, che a seconda del soggetto può essere breve o lungo, l’iniziale “voglia di fare” svanisce del tutto, lasciando il posto soltanto a sentimenti negativi. Lo ripetiamo, andare in burnout non significa “essere negati per il grinding” o “non avere le capacità per farcela”: è una situazione comune a tutti quanti, e chi dice di non averne mai sofferto solitamente sta mentendo.

Purtroppo chi è in piena crisi nera non riesce a vedere la fine del tunnel e si abbandona alla negatività più totale, fino al colpo di grazia: “Basta, non ce la potrò mai fare. Quitto, GG, vaffanculo, basta poker!” E così si rovinano tutti gli sforzi compiuti fino a quel momento, buttando nel cestino settimane o mesi di grinding.

Esiste il modo di contrastare queste situazioni, ma per farlo bisogna prima acquisire piena consapevolezza di una importantissima nozione:

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IL BURNOUT NON SI PUO’ PREVENIRE

E’ subdolo e inevitabile. Finché non arrivano i primi sintomi, non c’è modo di “fare le cose meglio” per evitare di finire in burnout, e nemmeno di prevedere con anticipo il suo arrivo. Chi ha una tabella di grinding impegnativa può solo cercare di “drizzare le orecchie” e stare allerta il più possibile, per cercare di affrontare la cosa sul nascere.

Ma come si fa a sconfiggere il burnout?

Non c’è un solo modo. Ma ecco alcuni consigli utili per chi è in questa fase:

Prendersi una piccola pausa. Basta una giornata, o un weekend, lontano dal poker. Meglio se lontano anche dal computer. Un concerto, una scampagnata, un fine settimana al mare o anche solo una maratona di DVD con gli amici senza doversi per forza spostare da casa.

Riorganizzare la tabella di marcia. Può voler dire procrastinare i traguardi prefissati, ridurre anche solo di una piccola quantità la media di mani da giocare o i tavoli aperti, ma può anche voler dire rimescolare le carte in tavola, cambiare la suddivisione degli orari e/o dei giorni di grinding, studio e svago senza modificare gli obiettivi.

Trovare nuovi stimoli nel poker. Chiedere al proprio coach, o alla comunità (su ItaliaPokerForum ad esempio) nuove tematiche da sviluppare nello studio e nel gioco, e farsi domande inedite. Studiare più a fondo specifici spot o particolari texture del board, sperimentare size di puntata diverse, divertirsi con una sessione ai microlimiti cercando di giustificare a voce alta anche le scelte più ovvie, provare a giocare una sessione senza HUD, e via dicendo.

Farsi un regalo. Nei momenti di debolezza ci vuole un po’ di motivazione “extra”!

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