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il 2 Set 2010

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Tilt. Analisi e valutazione delle tesi di Robert Langer sull’alterazione degli stati psicologici nel Poker

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Non c’è nessuno che disconosca l’importanza che, nel Poker on-line in senso lato, assume la gestione degli aspetti psicologici di chi lo pratica. Anzi oggi è perfino riconosciuto in maniera quasi unanime che questi stessi aspetti psicologici, mano a mano che si salga di livello in questa attività di gaming, abbiano una inferenza nella prestazione complessiva dei giocatori, se non maggiore, almeno pari di quella di ordine squisitamente tecnico e/o manageriale.

L’immagine ideale di un giocatore vincente è quindi, il mix più armonico possibile tra tecnica, management e psicologia. Pur interagendo in vario modo fra di loro, alla psicologia, di questi fattori, è demandato il compito particolare di circoscrivere e di cercare rimedi adatti a quei possibili stati di alterazione umorale profonda detti in gergo ‘stati di tilt’, ai quali i giocatori di poker, sono del tutto esposti durante le loro sessioni di gioco a causa di particolari eventi negativi legati alla aleatorità del gioco associati alla normale usura psichica tipica di ogni attività così sostenuta e di routine, protratta per tante ore, tutti i giorni o quasi

In questo articolo ci occuperemo di esporre ed analizzare il pensiero di Robert Langer, noto psicologo, nonché coach e trainer, il quale sul tema degli ‘stati di tilt’ ha dedicato numerosi scritti ed articoli che attualmente costituiscono ancora uno dei migliori contributi in quest’ambito, sia per quanto riguarda l’anamnesi del problema, sia per quello che concerne la cura ed i rimedi a questi stati di alterazione psichica così deleteri per le performance dei giocatori ai tavoli da gioco.

Per Langer, il nostro apparato cognitivo-razionale, per quanto strutturato ed equilibrato, è sottoposto all’inferenza del nostro quadro emotivo, il quale oltre ad agire per lo più in modo inconscio è in gran parte indipendente dal primo e non manca mai di rimarcare questa sua autonomia ad ogni evento negativo come può essere, nel nostro caso specifico, il verificarsi di una mano sfortunata ed imprevista così come ne accadono tante durante le nostre canoniche sessioni di gioco.

L’autonomia del sistema percettivo-emotivo nei confronti dell’apparato cognitivo razionale nell’uomo è talmente marcata, tanto da poter parlare, senza forzatura alcuna di vero e proprio condizionamento, che arriviamo ad un punto dove per raggiungere lo stato di alterazione psichica che prelude al tilt non è più nemmeno necessario l’evento scatenante ma basta, se lasciato a se stesso, il minimo segnale o ricordo di esso.

Su quest’ultimo punto Langer riprende le note teorie di Ivan Pavlov, celebre fisiologo ed etologo russo, il quale nella prima metà del secolo scorso osservò sperimentalmente nei cani questi cosiddetti riflessi condizionati. Associato il suono di un campanello per più volte alla razione di carne, ad essi ormai, bastava sentire quel suono, per farsi venire l’acquolina in bocca.

Non che Langer voglia in nessun modo paragonare i giocatori di poker ai cani di Pavlov ma la base del procedimento attraverso il quale i primi possono andare in una recidiva da tilt è sovrapponibile, per egli, a quello per cui ai cani veniva l’acquolina in bocca dopo un suono di campanello.

Per Langer, l’uomo è contradditorio ontologicamente e questa contraddittorietà è legata indissolubilmente con il condizionamento inconscio che il nostro quadro emotivo vanta sul nostro apparato cognitivo-razionale di riferimento. Non c’è nulla da fare. E’ questa la ragione per cui viene sostenuto che nessun giocatore è costituzionalmente immune dagli stati di tilt.

C’è da dire, tuttavia, che questa visione dell’uomo come homo dubius animi, Langer la condivide un po’ con tutta l’impostazione generale della psicologia moderna nella stragrande maggioranza delle sue scuole di pensiero.

E’ gioco forza che ogni possibile rimedio e cura al problema all’interno di una impostazione così data, nient’altro può essere definito che una tecnica di riduzione del danno, al primo posto delle quali, Langer individua senz’altro, a mò di ancora di salvezza, per limitare e prevenire lo stress da tilt, gli stop-loss-limits.

Gli stop-loss-limits, termine derivato dai mercati azionari per il quale un titolo superata una certa soglia predeterminata di caduta di valore viene venduto, nel poker sono parte integrante del cosiddetto bankroll management e nella fattispecie prevedono , come nel caso del titolo azionario, un limite prestabilito di perdita al tavolo, oltre il quale, il giocatore deve smettere di giocare.

Sono, quindi, uno degli esempi più probanti di come nei più attuali modi concepire il poker, management e psicologia vanno e debbano andare del tutto a braccetto. In effetti gli stop-loss-limits ci assicurano, oltre ad una ponderata difesa delle nostre risorse economiche al tavolo anche, come sostiene Langer, un fondamentale baluardo all’insorgenza dello stato da tilt. Ci alziamo dal tavolo, prima che esso possa manifestarsi in tutta la sua perniciosa negatività senza che noi possiamo farvi nulla.

Consapevoli ormai del fatto che nessun giocatore può fare il suo Agame anche nella fase di solo pre-tilt, Langer ci suggerisce di evitare il male alla radice smettendo di giocare, come abbiamo varcato i limiti di quella che la buona gestione manageriale, ci indica essere, la perdita massima per quella sessione di gioco, compatibile con le nostre risorse. In maniera del tutto pragmatica Langer, prima ancora di introdurci nelle tecniche in grado di farci riconoscere i segnali della crisi da tilt attraverso una migliore capacità d’introspezione del nostro umore e clima psicologico, ci dice dunque, innanzitutto, come neutralizzare il problema, ricorrendo ad un concetto preso in prestito dal bankroll management!

Montata questa prima barricata agli eventuali effetti negativi di una possibile crisi da tilt e messo così il bankroll al sicuro, Langer ci accompagna di seguito, all’interno di quelle tecniche di auto-training propriamente psicologiche per affrontare e riconoscere l’insorgenza degli stati di tilt.

Il leit-motiv di queste tecniche, si basano principalmente su una serie di percorsi tesi ad aumentare la nostra capacità di auto-osservazione, proprio come se a guardarci e ad osservarci fosse una persona diversa da noi, in grado quindi di poter valutare freddamente e con oggettività ogni minimo segnale che denoti in noi il cambiamento di umore precedente allo stato di tilt vero e proprio.

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Essenzialmente quindi, un’altra tecnica di riduzione del danno ma stavolta facendo ricorso alle facoltà del nostro apparato cognitivo quando ancora non sono invase ed inferite pesantemente dai condizionamenti che il nostro assetto emotivo, come abbiamo visto, produce in maniera del tutto indipendente dalla nostra volontà. Come il segnale di pre-tilt è colto, si smette di giocare.

Per così dire Langer ci stà indicando che il nostro apparato cognitivo-razionale anche supportato da queste tecniche di auto-training, relative alla capacità di riuscire a guardarsi da fuori di noi stessi, oltre il rilevamento del segnale di pre-tilt, quello che per intenderci ci fa venire l’acquolina in bocca come i cani di Pavlov, non può fare! Prima di queste tecniche proposte da Langer non eravamo neanche in grado di rilevare il segnale di pre-tilt e ci trovavamo nel bel mezzo della tempesta umorale senza nemmeno essersene accorti ora invece, grazie a queste tecniche, possiamo con un certo anticipo capire la tempesta che sta arrivando e cercare mari e lidi che ne siano al riparo.

Il quadro è completo, il ragionamento non fa una piega, le tecniche proposte da Langer se seguite alla lettera danno risultati confortanti rispetto agli effetti negativi che il tilt ha nei confronti del giocatore e del suo bankroll. Senza quindi rinunciare a nessuno dei benefici che questa scuola di pensiero introduce rispetto alla gestione degli stati da tilt, proviamo a vedere e se è possibile, implementare il suo quadro di riferimento proprio a partire da una valutazione critica del suo assunto di fondo:

Fino a qual punto il nostro quadro cognitivo razionale è schiavo di quello emotivo-inconscio?

Gia nell’antichità questo rapporto tra cognizione e stati emotivi, seppur con tutta un’altra visione del mondo alla base, era stato indagato in maniera molto profonda dalla scuola Stoica, la quale, giungeva a conclusioni, non solo diverse ma esattamente contrarie a quelle di Langer e della psicologia moderna in genere.

Per gli stoici, tra l’altro i primi materialisti organici della storia del pensiero occidentale antico, l’essere umano non è affatto un homo dubius animi ossia un essere problematico e costituzionalmente contraddittorio ontologicamente bensì un essere perfettamente dotato per essere in armonia con il resto del cosmo organico ed il centro di questa suo legame universale con tutto ciò che lo circonda e che è in lui è proprio la parte più nevralgica di quello che noi moderni chiamiamo quadro di controllo cognitivo-razionale che gli stoici definivano con il termine egemonikon: la centralina dalla quale l’uomo recepisce ed elabora tutti gli input di universalità che l’ambiente circostante gli invia in continuazione, consentendogli così di armonizzare in tal senso tutti gli altri aspetti del suo apparato percettivo, compresi, dunque, gli stati emotivi. Era talmente radicata in loro questa visione olistica del rapporto tra uomo e cosmo e del predominio che in questa simbiosi ha il nostro apparato cognitivo-razionale su tutti gli altri stati dell’essere che quand’anche, in un individuo, si registravano evidenti problematiche legate ad un difficile controllo delle passioni e degli stati emotivi, ciò per gli stoici, non era mia dovuto ad un’inferenza dello stato emotivo su quello cognitivo come pensa Langer a proposito degli stati da tilt, bensì al fatto che nell’assetto cognitivo-razionale dell’individuo stesso si era inserito uno o più falsi giudizi.

Per gli stoici alfine, è in una errata informazione o in genere in una debolezza acquisita della cognizione che va ricercata l’invadenza degli stati emotivi sul nostro auto-controllo, non viceversa. Senza un falso giudizio insinuatosi nella cognizione è costituzionalmente impossibile per loro che una passione o uno stato emotivo possa far altro che armonizzarsi a ciò che l’egemonikon impartisce come ordine universale attraverso la cognizione e via via scendendo, per scala di importanza, a tutte le restanti parti psico-somatiche che stanno a comporre l’essere umano nella sua totalità.

Ora senza stare ulteriormente a disquisire a quale delle due scuole di pensiero dare maggior credito, non mi sembra però uno scandalo, dopo tutto quanto abbiamo detto, poter supporre almeno che, tra apparato COGNITIVO-RAZIONALE e ASSETTO EMOTIVO dell’uomo, vi possa essere, se non una predominanza dell’uno sull’altro, quanto sia, una profonda interazione che procede sia in un senso sia nell’altro ossia che vada ad influenzare l’apparato cognitivo partendo dagli stati emotivi-inconsci (Langer e la psicologia moderna) oppure viceversa che possa cioè andare ad influenzare negativamente o positivamente il nostro assetto emotivo partendo da un indebolimento o da un rafforzamento del nostro quadro cognitivo-razionale (gli Stoici).

Nella fattispecie del Poker e delle sue emergenze psicologiche legate agli stati da tilt, fatta l’ipotesi abbiamo bisogno dei dati sperimentali su cui lavorare per verificarla.
Può un serio lavoro di rafforzamento dell’apparato cognitivo-razionale di un giocatore di Poker essere affiancato alle tecniche di riduzione del danno proposte da Robert Langer, al fine, di mitigare gli effetti ed il grado di una crisi da tilt?

Noi pensiamo di sì e su questa base stiamo cercando di trovare delle linee precise di lavoro sulle quali basare questa fortificazione specifica della cognizione, adatta, allo scopo di mitigare gli effetti del tilt.

Abbiamo notato una minor sensibilità alla bad beat in genere nei giocatori di poker on-line molto addentrati nella conoscenza del funzionamento dei software di gaming e allo stesso tempo, una sensibilità ridotta alla varianza negativa quasi speculare, a quella notata nei primi, di quei giocatori che hanno un know-how molto sofisticato sulla struttura profonda dei giochi di abilità.

Per quanto non abbiamo alcuna intenzione di fare tabula rasa dei metodi di prevenzione e cura degli stati da tilt che si basano sull’indipendenza e l’autonomia dell’assetto emotivo-inconscio su quello cognitivo-razionale dell’essere umano come propone Langer, tuttavia crediamo ancora, proprio come gli Stoici che un conto è sentire uno sparo essendo totalmente impreparati all’evento ed un conto, alfine degli stati emotivi che suscita e del loro grado di inferenza sul nostro auto-controllo, sentire lo stesso colpo di pistola sapendo di essere in un poligono di tiro.

Autore: Cristiano Mario “el-khidr” Sabbatini con il contributo della dott.ssa Laura Quintarelli, Presidente dell’ICF Italia (International Coach Federation)

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