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il 27 Apr 2013

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IPO 10 – Il “nuovo pokerese”

IPO 10 – Il “nuovo pokerese”

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Prendendo spunto dal titolo del libro di Flavio Ferrari Zumbini, vogliamo entrare nel mondo della linguistica, della pokerlinguistica in particolare.

Sentendo parlare, discutere, spiegarsi a vicenda le mani i più forti grinder online quando si ritrovano in massa ai tornei live come l‘Italian Poker Open, ci si aspetterebbe di venire sommersi da una cascata di termini inglesi, esattamente quelli che vengono scritti dalle stesse persone sui forum.

Il discorso, in realtà, è un po’ diverso.

Quando i top player online giocano un evento dal vivo, sembra che anche il loro parlare entri in “modalità live”. Se in chat scrivono push, fold, call, quando scambiano chiacchiere di persona li senti parlare di “resto”, “metto sotto”, “gioco”. Esattamente le stesse parole che usano gli habitué delle sale live di mezza età.

Poi, però, ci sono quelle situazioni di cui i non-grinder non parlano, o che in italiano richiedono un giro di parole troppo lungo. Quindi, in mezzo alle varie locuzioni italiane “da poker live”, arrivano anche i vari “donkbettare”, “clickare”, “limpare” eccetera, mutuati dal gergo dell’online. C’è chi addirittura racconta: “Sono uscito con asso asso minore di asso tre” leggendo in italiano il simbolo “<” che si scrive sui forum.

Il risultato è un vero e proprio frullato di italiano e inglese, che suona davvero strano – soprattutto alle orecchie dei molti per cui l’IPO 10 è il primo evento live in carriera.

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La parola che rappresenta meglio questa situazione è “callare“. I grinder la usano spesso, preferendola all’alternativa italofona “chiamare”.

Ma non la pronunciano all’inglese, come invece fanno con la parola “call”: quando si usa il verbo, si dice “cAllare“, con la A di Ancona. Persino Saman Ziarati, che ha una pronuncia inglese talmente buona da potersi tranquillamente spacciare per irlandese, non esita un attimo a dire che l’avversario “ha cAllato“.

Io, che il poker lo vivo al 90% per iscritto e non a voce, non mi sono ancora abituato, e quella “A” proprio non mi esce.

 

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