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il 14 Dic 2009

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Marco Trevix a Las Vegas – Prima Parte

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Ciao cari colleghi ludici. Rientrato dagli States da pochissimo ed ecco un piccolo resoconto: Partiti con mia moglie da Venezia e subito bad beat….First bad beat: al baracchino check-in della Delta ci dicono che si può portare al massimo 1 bagaglio a testa: ne abbiamo 3, uno in più visto che c’è un pò di materiale per allestire la nostra casa vegasiana. Non è un bagaglio normalissimo è un pò più grande, cmq paghiamo la differenza bagaglio ($50).

Il security check è molto light (“se vuole può togliersi le scarpe…” LOL…negli USA è un deve togliersi le scarpe…)

Second bad beat: il bollo sul passaporto. Non è che io sia nuovo ai viaggi negli USA (4 quest’anno) e nessuno mi aveva fermato per mancanza di bollo. Ma la poliziotta, ferrea, ne chiedeva uno. Costo? Oltre 40 euro a testa….
Imbarcati, incazzati e “rinforzati” dal’immancabile chicken or pasta (e da un più succoso panino al prosciutto provvidamente preparato nella notte), raggiungiamo New York dopo il solito girovagare per aria per trovare la pista libera. La vista su NY, benchè visibile solo da distante, è molto bella.

Coda paurosa all’immigration point per l’arrivo contemporaneo di 4 aerei. Le formalità all’immigration (e voi sapete quanto amo l’immigration americano…) poi però sono state sono velocissime. Il poliziotto ha una targhetta con un nome tipo “Sclafoni” che tradisce indubbie origine italiche. Resta il “thrill” del ritrovo bagagli. Phew, sono lì.
Ci aspetta il famoso “stop over” di 5 ore e 3/4, visto che non arrischio di prenotare il volo per LV delle 4.50 pm (troppo poco un’ora e mezza di stop over). Raggiungiamo Las Vegas in anticipo grazie ad un pronunciato “tail wind”, il famoso vento a favore che aiuta a volare più veloci.

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La vista dall’alto è sempre la stessa…..ma non ci si stanca mai di ammirarla… Ritiro bagagli riuscito e via al noleggio auto dove incrociamo un paio di italiani muniti di navigatore a 42″ (LOL). La temperatura non è naturalmente quella dell’estate e fa freddino.

Come si fa a distinguere in giro per il mondo un italiano in mezzo alla folla? Semplice, è quello che sta sempre cercando di armeggiare con il telefonino….”la linea, c’è?” “suona?” e così via…E noi non facciamo eccezione.
Ci dirigiamo verso il South Point Casino, il casinò di LV più allettante per rapporto qualità-prezzo. Il SP è un casinò dalle camere enormi, pulitissime e molto confortevoli che consiglio a tutti. $78 per una doppia è un prezzo irrisorio in rapporto a quello che offre.

L’unico difetto è che è un pò distante dallo Strip ma con una macchina il problema è risolvibile. La scelta di dormire la prima notte in hotel anzichè andare a casa è stata dettata dal fatto che bisognava aprire gas e allacciamenti vari, cosa che in inverno e di notte non è facilissima. Il jet lag e i ritmi circadiani ci fanno svegliare alle 6 dopo solo 4 ore di sonno…colazione e via a casa.

La cosa che colpisce quando si è lì è il sole che si riflette sulle montagne e la nostra casa è a ridosso immediato delle montagne…Finalmente…dopo aver visto in Italia nebbia e nuvole per giorni…E’ risaputo che il sole agisce come attivatore dell’umore (ma a LV non ce n’è un particolare bisogno) e questo aiuta a superare il jet lag (è altrettanto risaputo che andando verso ovest si supera il problema del jet lag in misura notevolmente superiore rispetto all’inverso).

A casa si presenta il problema di attivare il bussolotto “water heater” esterno che scalda acqua e ambiente. Azz.
Le istruzioni su come attivarlo sono riempite di “WARNING” “IT CAN CAUSE DEATH” e altre amenità varie….Dovrei chiamare un addetto ma è sabato mattina…Provo a leggere le istruzioni e dopo un’ ora realizzo che devo accenderlo con un fiammifero introducendo la mano dentro un buco nero.

Cooosa?
Accendere una roba piena di gas con prospettive di morte e mettendo una mano per 60 cm all’oscuro? Ma siamo negli USA o dove?
Con il cellulare in mano pronto sul 911 (il servizio di tutte le emergenze USA) e con l’altra mano provvista di legno infiammato all’estremità cerco di accendere dove mi era stato indicato dalle istruzioni. Ovviamente non era lì il target e, inc***to come dopo aver perso con set d’assi contro 2-5, provo ad accendere tutto quello che mi viene a tiro. Finalmente si accende una fiamma con un rumore tipico. Wow, ce l’ho fatta….a non far esplodere tutto…
La casa appare molto più confortevole e carina di come quando l’avevamo lasciata…sarà l’amore per las vegas…

Giriamo per i negozi (o meglio mega negozi) per fare le compere necessarie..in America è tutto molto più semplice rispetto all’Italia; ci sono impiegati dappertutto pronti a darti una mano. Inoltre, se vuoi restituire una cosa comperata sbagliata o che cmq non serve o non piace, l’iter è velocissimo e restituiscono immediatamente i soldi. In tutti i negozi o servizi pubblici c’è all’entrata un dispenser automatico di disinfettante, atto a prevenire il diffondersi dell’influenza A-H1N1 o altre malattie.

L’impressione generale è che ci sia veramente poca gente in giro, soprattutto nello Strip. La crisi qui ha colpito duramente e soldi per giocare pare ce ne siano pochi. Chi si salva sono i soliti mega resort (Bellagio, Caesar, Wynn, etc) oppure i casinò frequentati dai locals. Ovviamente il jet lag colpisce, per ragioni scientificamente non ancora provate, pochissimo i giocatori. Quelli di poker ne sono esenti.

E allora la sera, mentre mia moglie Rita mette a posto la casa e si riposa (il jet lag è tremendo con tutti gli altri), vado in cerca di una room per testare le mie skills nel difficile mondo di Las Vegas.
Scarto a priori il no limit hold’em e provo a vedere dove ci sono partite di giochi alternativi ai miei limiti.
Parto per il Wynn e arrivo in 20 minuti (la mia casa è nell’estremità ovest della città). Faccio un giro shiftando la poker room che è vicinissima all’uscita del parcheggio. Il casinò pullula di donzelle pochissimo vestite con minigonne da capogiro e decolletè da Grand Canyon. Tutte sorridenti….penso che cacchio avranno da ridere? Ovvio, pensano ai $500 dollari (in sù) che prenderanno da qualche avventore in vena di avventure focose. Marco Traniello, conosciuto durante le WSOP 2009, mi ha edotto in tal senso fornendomi un accurato screening del fenomeno.

Ma questa è l’ultima cosa che mi interessa di LV perciò shifto e mi dirigo verso i tavoli di baccarat dove sono seduti solamente giocatori asiatici. Il Baccarat è stata una mia passione, avendo svolto molti studi del gioco in compagnia di alcuni esperti italiani del settore gioco. Perciò sono attirato dalle tabelle elettroniche poste dietro ogni tavolo in cui compaiono molti grafici nell’idioma orientale (e che tento di decifrare).

La puntata minima del tavolo che vedo è di $1000 e un tipo con due donzelle di cui sopra alle spalle, mette due file di gettoni gialli (da $1000) sul Banco. Il tipo spilla le carte, le straccia una ad una  e gira un 10-2 (mano pessima). La dealer gira il Punto che ha 9 e il tipo senza fare una piega sorseggia la sua bibita color rosa. Me ne vado cautamente per non indurlo a pensare che gli abbia portato sfiga.
Torno dove dovrei andare: la poker room.

Chiedo ad un floorman con probabile colesterolo a 750:

Any mix game? “No”.
Any stud game? “No”
Any Omaha high low game? “No”. “Only 1-3, 2-5 and 5-10 no limit hold’em”.

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Ciao. Non ho fatto 12.000 km per giocare dove potrei sotto casa.
Prendo la macchina e vado verso il Bellagio. Lì ci sara pur qualcosa.
Faccio lo Strip e raggiungo Il Bellagio dopo “solo” 30 minuti. E’ sabato ed è strano. In estate ci si mette anche due ore.
Il Bellagio ha più gente rispetto al Wynn ma sono soprattutto turisti che fanno foto al bellissimo soffitto impreziosito dai fiori vetracei di Murano o al garden. Qui, stranamente, le donzelle poco vestite sono molto più rare e se ci sono restano attaccate al loro compagno (legittimo, si spera).

Coda per entrare al night club a fianco della poker room. Scorgo gli schermi delle waiting lists e vedo un mix game $1000-$2000 (nella sala Baldwin), un mix game $200-$400, un paio di omaha pot, un limit hold’em $100-$200, un omaha hl da $30-$60, uno stud high $20-$40 e una miriade di no limit a tutti i livelli. Poca gente rispetto al periodo delle WSOP dove parlare con un floorman è impossibile o quasi. Ripeto, è sabato.
Scelgo lo stud high $20-$40 e c’è un open seat.

Lo prendo immediatamente. Il gioco è buono perchè il livello è medio eccetto un paio di sicuri professionals che tendo ad evitare a parte uno che mi sta sulle balle e che bersaglio con un bluff mostrando le carte. Incredibilmente, mi tiene fuori della sua portata, foldando spesso se sono nel piatto con lui. Ogni minuto passa una cocktail waitress e per me questo è un problema da non sottovalutare….Solo due Bud Light per fortuna….
Gioco con un buon controllo del tavolo, non vedendo carte particolari (scambiare la fortuna cartacea per un gioco decente è errore madornale a poker) e concludo la serata con un $900 di attivo. Siamo distante anni luce dalle giocate italiche. Finalmente.

In uscita incrocio Gus Hansen che saluto con un “Hi, Gus”, ricambiato. E un Doyle Brunson imbronciato se ne va sulla sua carrozzella elettrica. Non male come atmosfera.
Abbandono il Bellagio molto soddisfatto e me ne vado a casa. Sono le 3 di mattina e nello Strip non c’è praticamente nessuno. Las Vegas è stupenda (e fredda di notte).

hawaiiLunedì mattina, partenza per il viaggio di 5 giorni alle Hawaii, meta fortemente voluta da mia moglie e che ovviamente non disdegno. Ok, non c’è alcuna forma di poker lì (eccetto gli home games), ma non mi annoierò di certo.
La linea scelta è la Hawaiian Airlines, prenotabile solamente con carta di credito americana, canadese,australiana o delle filippine (?).
Gli aerei sono molto belli, con il logo di una testa di ragazza hawaiiana sulla coda. L’aereo è pieno di persone di indiscutibile origine hawaiiana e questa è una sorpresa giacché solo l’1% dei residenti delle Hawaii è hawaiiano: sarà perchè è la settimana del Thanksgiving, la festa americana più importante e questo ci fa sentire ancora più felici di raggiungere l’arciepalago del Pacifico.

Cinque ore e mezza di volo sopra il Pacifico e arrivo ad Honolulu, capitale delle Hawaii. La vista dall’aereo è allucinante. Il mare cambia da blu intenso a celeste anche se l’urbanizzazione dell’isola di Oahu (Honolulu) non è il massimo.
Atterriamo e vediamo che l’aeroporto di Honolulu è una schifezza. Non capiamo dove andare a prendere i bagagli, ci sono scritte “Baggage claim” dappertutto e ovviamente indicanti direzioni opposte. Andiamo a “culo” e indoviniamo. All’uscita ci coglie il tepore hawaiiano (22°-28° tutto l’anno), la vista delle bellissime palme di ogni tipo e la tremenda difficoltà di capire come arrivare al nostro Hotel. Ci avevano avvisato che i taxi sono costosi e noi che facciamo? Prendiamo un taxi. Ovvio. Non c’era altro di prendibile.

Il tassista è il peggior tassita della storia dei trasporti: va piano quando c’è da accelerare e va forte in situazioni di pericolo. Non capisce un acca di inglese. Boh.
Arriviamo all’hotel e paghiamo la corsa: $55!!! Caz….Uhm la mancia deve essere del 15-20%…Ma ha guidato male….Gli dò $60 schifato…….Se si lamenta ritiro i $5 di mancia….
La prima impressione “terrena” delle Hawaii non è confortante: molto casino, molte automobili, spiaggia di Waikiki (quella più importante di Honolulu) piena di gente…

Un giretto e a letto presto. Colazione a buffet in piscina con possibilità di caricarsi quello che si vuole (al check-in danno una borsetta contenitrice). Imperdibile l’ananas a fette, distante anni luce da quello che abbiamo noi qui. Durante il breakfast, ballerina hawaiiana danzante (molto avvenente) e cantante (molto meno avvenente) compresi nel prezzo.

La mattina successiva noleggiamo una macchina per fare un giro dell’isola: dopo una coda pazzesca, finalmente ci danno una macchina lussuosa (altro non c’era) a $88 al giorno. Giro dell’isola con viste mozzafiato e spiaggie indescrivibili. Ecco le vere Hawaii. Un salto al North Shore dove i surfers si dilettano a sfidare le onde gigantesche che si creano. Poi il ritorno a Honolulu.

Le Hawaii a volte sembrano un mondo simil italico: le macchine avvertono facendo i fari se c’è una macchina della polizia, non molta educazione se vieni urtato per strada, generalmente il clima è molto “libero”. Purtroppo molti i poveri che si incrociano per strada. I residenti, turisti compresi, sono di origine e fattezze asiatiche nel 90% dei casi. Tutti i tipi asiatici sono rappresentati e girando sembra di essere in una Chinatown (Ma, per gli interessati, le ragazze asiatiche che vagano alle Hawaii sono molto molto carine e non sono a pagamento).
Un altra escursione (fra le mille che si possono fare alle H) che consiglio è la ascesa (a piedi) del monte Diamond Head che sovrasta Honolulu. Noi, per non farci mancare nulla, abbiamo avuto l’improvvida idea di andare alla base della salita a piedi, cosa che è costata 5 miglia a piedi (8 Km circa). La vista dall’alto è magnifica ma l’ascesa è piuttosto impegnativa.

Il cibo è ottimo e di tutti i tipi ma molto caro e si rimpiange spesso Las Vegas. Un ristorante additato come “fantastico” è l’ONO che sconsiglio caldamente. E’ spacciato per un ristorante hawaiiano autentico ma il cibo è mediocre.
Noi abbiamo mangiato uno dei classici offerti: Poltiglia di maiale (Kalua Pig) brodosa poco invitante. Carpaccio affumicato di qualche pesce strano (questo buono), Zuppa difficilmente classificabile, Poi (crema dal sapore indescrivibile, cmq immangiabile), dolcetto al cocco (questo buono). Ambiente orribile, sporco, con cavi elettrici sguainati belli in vista.

Nulla da invidiare al Polinesian Buffet del casinò Silverton di LV (il giovedì sera). Ottimo, a $21,99 plus tax.
Rientro dopo 5 giorni con l’incubo, all’aeroporto di Honolulu, di dover presentare un biglietto aereo che attesti la provenienza dall’Italia, altrimenti bisogna pagare una fee (costosa). Per fortuna avevo un tagliandino sperso della Delta….
Gli americani hanno il timore che qualcuno rimanga lì da loro…Come dargli torto

Punti chiave

– Non portarsi più di una valigia a testa. Portarsi un bagaglio a mano (anche due) cospicui.
– Ricordarsi di mettere il bollo sul passaporto (in EU non serve): si rischia di restare a terra.
– Prevedere almeno 3 ore nello stop over degli States.
– Anche a Las Vegas arriva l’inverno e di notte fa fresco.
– Il South Point Casino è un ottimo hotel per qualità/prezzo (il migliore)
– Accendere il gas di una caldaia americana è impegnativo e rischioso
– Andare alla Hawaii direttamente da Las Vegas con la Hawaiian Airlines è impossibile da prenotare on-line.
– Incrociare le dita con i tassisti hawaiiani
– Le Hawaii sono costose
– Il Ristorante ONO è da evitare come la peste (a differenza di quanto dicono su tripAdvisor)
– Non è sempre detto che a Las Vegas le partite siano più difficili che in altre parti (vedi anche il continued del post).
– Las Vegas per un giocatore è sempre Las Vegas: N.1!

To be continued

Trevix

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