Thursday, Apr. 18, 2024

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il 21 Dic 2009

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Marco Trevix a Las Vegas – Terza Parte

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La mattina successiva (anzi il proseguio della mattinata ai tavoli) resta il non facile problema di convincere la moglie alla mia partecipazione al torneo di omaha da $1500. Da un pò di tempo ho detto stop ai tornei per una serie di ragioni (in primis la convinzione che un giocatore con ambizioni vincenti deve giocare a cash) eccetto, ovvio, le WSOP (dove magari le chance di vittoria/piazzamento sono infinitamente inferiori ma il prestigio dei tornei è impagabile).
La butto sul “ho il buy-in pagato dal cash” e un più promettente (e utopistico) “se vinco ho il buy-in pagato per il $25.000 buy-in di Aprile con primo premio da paura“.

Dopotutto il tipo conosciuto la sera prima mi aveva detto che saremmo stati in una ottantina. Rispetto ai tornei di NL (dove i giocatori sono molto più numerosi ma il premio di buy-in di 25.000 pagato è lo stesso) le aspettative sono deisamente più rosee.

Riesco nell’intento con promesse di regalini vari (e Las Vegas riserva diverse opportunità su questo topic).
Il torneo è a mezzogiorno. Sono le 9 di mattina. Bisogna fare tutto in fretta, non si sa mai perdessi il posto. Girovagata per LV, pranzo (snack) in un fast food molto apprezzato qui (In and Out Burgers) e via alla volta del Bellagio. L’iscrizione è su un lato diverso della poker room e il buy-in è di $1590.

Pago, deludo la cassiera non lasciando la mancia di $10 come ha fatto un altro giocatore (sicuramente un non professionista di LV) e mi dirigo verso la più bella poker room che abbia mai visto. Si tratta della Fontana Lounge dove sono stati allestiti i tavoli nel loro impeccabile colore beige chiaro. Sullo sfondo un’ampia vetrata che dà sul lago finto del Bellagio e sulla Torre Eiffel finta del Paris casino. Tutto finto ma l’emozione è vera. Esco dalla vetrata per godermi lo spettacolo dalla parte opposta da dove l’ho sempre visto. Rientro dando ad un floorman il cartoncino che attesta il buy-in pagato. I posti vengono assegnati con un minuzioso e complicatissimo sorteggio: il floorman in pratica mi dice “Tu ti siedi qui!”. Lol.

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E’ il tavolo 17, posto 7. Cominciano i soliti corsi e ricorsi storici sulla bontà o meno del numero 17 ma presto svaniscono alla chiamata dello shuffle up and deal. Sono solo tre i giocatori presenti al tavolo e con fare sornione penso che avremo un vantaggio a fregare i bui degli assenti che dovranno postare a vuoto. Azz, in tempi degni di Lewis, il tavolo si riempe in ogni ordine di posti eccetto uno, alla mia sx. Lo stack è di 10.000 e i bui iniziali sono di 25-50. Un’enormità di stack visto che è un gioco limit e con frequenti divisioni del piatto (e nessun ante da mettere).

Gioco un paio di mani, intanto sbircio il numero degli iscritti: 94 (poi alla fine saranno 128 ). Più o meno in linea con quanto preventivato dall'”amico” con moglie veneziana che fra l’altro siede al N. 9, due posti più a sx. Questi, anzichè limitarsi a salutarmi se ne esce con un “Welcome and good luck!”. Mi tocco tutta la parte a sud dell’ombelico, in modo da non escludere zone anti-sfiga. Al N. 2 riconosco Barry Shulman, un giocatore molto noto perchè è uno dei fondatori di Card Player.

Tutti sembrano concentrati e poco sembra il dead money (eccetto il mio che brilla come l’acqua del lago del Bellagio). Vinco un piatto in scoop e navigo più o meno lì con lo stack per circa 3-4 livelli. In una mano rilancio preflop con A-3-4-5 e ottengo il call del big blind, un giocatore giovane (uno dei pochi) munito alle spalle di zaino antisommossa poliziesco. Il flop è 8-8-2. Il tipo fa check, io punto, lui rilancia e io controrilancio (un semibluff con il mio low draw molto potente). Lui fa call. So al 100% che minimo ha una mano tipo A-8, insomma che abbia una mano molto forte. Il turn è un J. Qui inizia un suo studio della carta e poi una lentissima valutazione della mia faccia per vedere la mia reazione. Interpreto questa mossa come un tentativo di prendermi in giro avendo i mega nuts e aspettando la sua decisione lenta gli dico “Go on, this is not no limit!“. Lui mi guarda e dice “What?” Rispondo “I was speaking on myself” che credo sia grammaticalmente una cazzata.

Lui finalmente punta e io call. Il river è un 5 (faccio il low draw nuts) e alla fine diviamo il piatto (lui aveva 8-2 per un full sul flop). Solo successivamente mi accorgo di aver pensato una scemata e cioè che il tipo volesse tentennare per farmi credere di essere debole; in realtà era semplicemente allo studio dell’uscita dell’overcard sul turn. Magari esageratamente lungo ma bonario (penso).

Il clima è, come in molti tornei americani, gioviale e molti giocatori parlano fra loro (io non capisco una mazza o quasi anche perché cerco di rimanere concentrato).
Il torneo si svolge così senza sussulti fino a quando ho una serie di mani rush che mi portano a 24.000 di stack. Dietro di me scorgo Scotty Nguyen, uno dei più forti giocatori di omaha high low del mondo. Ha uno stack modesto e magari almeno mi resterà la soddisfazione di uscire dopo di lui (cosa che si verificherà).
Da qui ecco partire trevix in versione Dario Minieri: non ovviamente per qualità di skills ma per le sue turbolenze allucinanti in termini di stack. Prima perdo con A-A double suited, poi con A-2-3 su un board di A-2-x-x-3. Sigh.
Torno a 10.000 per poi riportarmi a 17.000 per poi ridiscendere a 9000. A 9000decido di giocare iper mega ultra stra tight e resto lì per un’ora.

Poi vedo che i giocatori cominciano ad uscire, ne sono rimasti circa una cinquantina. Purtroppo le mie mani di qualità soccombono e i limiti sono diventati elevati. Resto con 3000, poi con 2000, poi con 1200. Fine delle speranze. La bionda in bikini sullo schermo (che presumibilmente doveva augurare buona fortuna) era un bluff…del resto cosa aspettarsi a las vegas?

Break. Fuori le fontane spruzzano getti altissimi con il sottofondo musicale di uno dei pezzi che preferisco. Si tratta di “Ecstasy of gold” del grande Morricone, tratto dal film “Il buono, il brutto e il cattivo”. Mitico.
Non si sa mai che mi porti……oro…..
Torno, sono di big blind di 800 e non guardo le carte. Casomai foldassero tutti…..
Fa raise e call anche una cameriera del Sahara che dista 4 km dal Bellagio. Sono talmente pot committed che manco guardo le carte, mi alzo e butto tutti i gettoni restanti nel piatto. Side pot. Il board è qualcosa tipo 4-7-J poi un 4. Spillo le mie carte e vedo un 4…WOW!
Il river mette una possibile scala, un low, un possibile colore, un full. La classica carta bianca che speri, insomma…
Io ovvio, non chiudo full ma vedo che dichiarano tutti o doppie coppie o mani low. Giro il mio trips e prendo la parte alta del piatto. Mi porto a più di 3000. Il simpaticone con moglie veneziana mi dice “Almost triple up!”. Comincia a starmi sulle palle. Decisamente. Sai che soddisfazione! Tutti con stack grattacieleschi e io con la casupola in fango.
Torna in mente Ecstasy of gold.

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Piatto successivo: Ho una mano tipo 6-8-J-3 (orribile) e metto i soldi di un raise perchè c’è un altro piatto multiway (devo aggiungere 1200 perchè di SB). Il board vede K-4-10-7. Per dirla velocemente arrivo a dover mettere tutti i soldi con la mia bilaterale (vado per un 5 e un 9) e un progetto low inguardabile. Il river è un simpatico 9. L’oppo (il giovinastro con la casa sulle spalle) esclama “One pair”. Risposta di trevix fra sè e sè (censurata) “attaccatela al ……”. Risposta diplomatica: straight! Il tipo aveva giocato per me rilanciando a più non posso per giocare HU con me (lol).
Mi riporto sopra i 10.000.
Ecstasy of gold.

Altri piatti qua e là e sono a 20.000.
I blind cominciano a fare male e nonostante il mio gioco controllato tendo a ripiombare nel baratro. Anche nel limit solo due mani andate a male distruggono lo stack. 35 left.
Ed ora la serie che da trevix non t’aspetti.
Riesco a foldare, ricevendo l’ammirazione (o la presa per il culo) degli avversari questi spot:

  1. Ho K-4-4-6 e il board finale è 4-7-A-K-A – (oppo rilancia la mia bet sul river. Dopo un’ora e mezza foldo e oppo, con cui avevo stretto in precedenza una sorta di non belligeranza implicita, flasha A-7). Ok nice fold ma che sfiga….
  2. Ho 5-5-6-J giocato free dal big blind e il flop è 5-9-K. Rainbow.

Punto e ricevo un raise dal giocatore più tight della storia del poker.
Flasho ma oppo non mostra. L’asiatico mega-stra chipleader (ovvio, gli asiatici sono molto in gamba qui) mi dice “It’s sick!” Ma gli altri dicono “Nice fold”. Mah.

Arriva, inesorabile per tutti, la mano finale d’uscita. Solo uno nei tornei non viene gravato dall’infamia di perdere la mano finale.
Ho la best hand preflop su un piatto a 3 giocatori, tutti shortstacked (ma uno ne ha più di me).

Io: A-K-Q-10
Oppo 1: A-Q-4-5
Barry Shulman: 2-3-4-5

Il board fino al turn è buono per me: 7-7-J-10 ma con due picche.
Shulman ha 4-5 a picche e, naturalmente, come per magia astrale, un maledetto 6 di picche si materializza sul river.
Ciao. Alzo le terga oramai quadrate dalla sedia vellutata (ma avrei preferito un pancaccio cosparso di chiodi pur di rimanere in gioco) e incredibilmente mi stringono la mano ben 5 giocatori dicendomi un classico “good game”.

Il tipo con coniuge veneziana, naturalmente ancora in gioco dopo due sculate da ergastolo, mi chiede se domani farò un torneo di Hold’em no limit. Non rispondo per non indurlo a cercare lumi dalla moglie sul significato di certe parole veneziane. “Bye” è il mio commento sommesso, sbirciando che adesso i players in gioco rimasti sono 27 (9 a premio).

Stavolta Las Vegas è meno piacevole della serata di ieri. Resta la piacevolezza delle note di Ecstasy of Gold inebriate sul lago del Bellagio.
Certo che pagarle $1590 mi pare eccessivo.
Anche per una città come Las Vegas.

Ciaooo

Trevix

To be continued

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