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il 11 Nov 2012

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Giulio Astarita:«Il Sunday Million? Era il mio sogno da sempre»

Giulio Astarita:«Il Sunday Million? Era il mio sogno da sempre»

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Da ItaliaPokerForum a Gioco Digitale e da lì sino a PokerStars.it. Quella di Giulio Astarita è una storia di successo, quella di un uomo che ha saputo interpretare al meglio le complesse dinamiche che regolano gli aspetti più organizzativi del poker. Con questa lunga chiacchierata cercheremo di conoscere meglio un uomo, un lavoro e le responsabilità che inevitabilmente comporta.

Con Gioco Digitale venne costruito un piccolo miracolo italiano. Che cosa ricordi con più piacere di quel periodo?
A distanza di ormai due anni dalla fine di quel magnifico biennio, Gioco Digitale per me rappresenta ancora qualcosa di assolutamente unico nel suo genere. Continuo tuttora a sentirmi su base settimanale con almeno un collega. Questo perché è stato un periodo veramente bello, si sono instaurate dinamiche umane che solamente in una startup possono crearsi: c’era un incredibile senso di appartenenza rafforzato ogni giorno dai risultati di una azienda piccola piccola che sfida i grandi del settore. È una sensazione bellissima che percepisco ancora adesso, come il sapore che ti resta in bocca dopo aver mangiato il tuo dolce preferito. Il tutto condito da rapporti umani che, quasi per forza, dovevano diventare qualcosa di più di semplici rapporti di lavoro. Si passavano in ufficio giornate intere, talvolta anche le notti, e ti rendevi conto che in fondo i colleghi erano anche la tua famiglia. Gioco Digitale è stata la più grande soddisfazione.

Ho accolto tra le mani gli aspetti inerenti al poker a ventinove anni. In Italia affidare un compito di tale responsabilità a un ragazzo così giovane contraddistingue i pazzi o i geni. Perché funziona tutto diversamente da noi: solitamente si fa carriera, si leccano culi, e alla fine, forse, arrivi da qualche parte. Carlo Gualandri, il fondatore di Gioco Digitale, certamente non era un pazzo. L’ho sempre reputato un genio e mi ha cambiato la vita permettendomi di mettere in pratica tante delle idee che avevo in mente. I risultati sono arrivati.

Giulio Astarita

Credi che l’alchimia grazie alla quale è sorta Gioco Digitale sia stata unica o replicabile?
Un incrocio tra le due. Se non metti i giusti ingredienti è praticamente impossibile. In GD c’era un gruppo ristretto di persone estremamente competenti, eravamo giovani e avevamo un progetto accattivante. Non bisogna sottovalutare nemmeno il fatto che i risultati sono arrivati praticamente subito, un ingrediente essenziale per non perdere l’entusiasmo degli inizi.

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Ed è proprio sui risultati che siamo stati fortunati. Sicuramente il nostro lavoro ha reso possibile certe vittorie, banalmente il fatto che PokerStars, compiendo un discreto errore tattico, non sia entrata sul mercato sin da subito ci ha dato il tempo necessario per creare un nostro bacino d’utenza. Se Stars fosse arrivata in Italia all’inaugurazione del poker.it ora staremmo parlando di un mercato completamente diverso e, chissà, magari ricorderemmo un’altra storia a proposito di Gioco Digitale.

Poi la rottura, una sorta di fulmine a ciel sereno che annunciasti attraverso un’ormai celebre lettera fiume su ItaliaPokerForum. Qualcuno si starà chiedendo chissà che cos’accadde, perché prese la decisione?
Ricordo bene quella lettera, pubblicata nell’agosto del 2010. Fu quello l’ultimo atto del mio lavoro in Gioco Digitale. Probabilmente è stata una delle decisioni più difficili che mi sia capitato di dover prendere, perché sentivo Gioco Digitale come qualcosa di mio.

Perché me ne andai? I miei risultati li avevo ottenuti grazie all’estrema libertà che mi era stata concessa, principalmente da Carlo Gualandri. Vuoi per fortuna, vuoi per competenza, le mie scelte si sono rivelate quasi sempre corrette. Certamente migliorabili: non perfette ma idonee, almeno per l’epoca. Il nuovo management (Gioco Digitale fu acquistata da Bwin, n.d.r.) si voleva imporre, prendeva scelte che io ritenevo sbagliate e che in molti casi si rivelarono tali. Nonostante tutto continuarono il loro operato ignorando qualunque mia rimostranza e improvvisamente mi resi conto di non avere più motivazioni per andare avanti. Non avevo alcuna voglia di vedere la lenta distruzione di tutto quello che avevamo creato, non da dentro almeno. Non volevo sentirmi complice di quello che allora presagivo e che poi, non me ne voglia nessuno, è successo. E lo dimostra il fatto che del team manageriale della GD di due anni fa non è rimasto praticamente nessuno.

Quella presentata in questo articolo è solamente un’anticipazione dell’intervista completa che sarà pubblicata sul prossimo numero di Poker Sportivo, in edicola a fine novembre!

Ringraziamo Manuel Kovsca per lo scatto utilizzato come copertina.

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