Monday, Apr. 29, 2024

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il 28 Lug 2023

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Flattare A-K ai tavoli finali: la lezione di Tony Dunst e Dominik Nitsche

Flattare A-K ai tavoli finali: la lezione di Tony Dunst e Dominik Nitsche

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I momenti decisivi dei tornei di poker arrivano alla fine, quando sono in gioco i premi che contano.

Ai tavoli finali le dinamiche sono notevolmente diverse rispetto al resto del torneo, visto che i calcoli sul valore atteso non devono più ponderare l’aspettativa di vincita in chips (o cEV) ma quella monetaria ($EV o ‘dollaroEV’).

Può quindi capitare che la condotta di una mano estremamente forte, a un tavolo finale, debba essere notevolmente diversa rispetto alla fase iniziale o intermedia di un torneo.

Lo spiegano Tony Dunst e Dominik Nitsche: in un video pubblicato su YouTube i professionisti di 888poker hanno analizzato la condotta di un A-K giocato quando l’evento 11 del WPT Deep Stack online, un High Roller con montepremi garantito di $100,000, era a tre left. 

 

Action e payout

Ecco la mano. ‘Spielerkind’ apre 99 x2,5 da bottone restando con 39.9bb di stack.

Da small blind folda ‘ddaubar’, che è lo short del tavolo con 7bb di stack, da big blind ‘matokr’ ha uno stack di 21bb e spilla AK.

Il payout del torneo è il seguente:

1 . 25.300$

2 19.800$

3 15.400$

Alla fine ‘matokr’ decide di pushare, ‘ddaubar’ snappa e su board J295Q elimina l’avversario portandosi al testa a testa conclusivo del torneo in larghissimo vantaggio di chips.

 

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Quando flattare A-K

L’analisi della mano inizia con una domanda di Tony Dunst a Dominik Nitsche:

“Secondo te il giocatore con asso-kappa, in questa situazione di gioco, dovrebbe mai flattare preflop dal momento che ha tre volte lo stack del giocatore short che ha foldato?”

Le considerazioni del tedesco sono interessanti:

“Ovviamente ci sono degli spot in cui è più profittevole chiamare con A-K. Per vedere se nello specifico questo spot rientra nella lista dipende dalla struttura del payout – più è verticale, con grandi scalini di premio, più è corretto flattare con asso-re senza andare allin preflop – o se l’altro tipo è ancora più short. Per capire meglio questa mano la dovremmo dare in pasto a un calcolatore e vedere cosa esce. Ovviamente se il chipleader da bottone fino a quel momento ha giocato tanti open jam è un no brain call. In questo caso le mani con cui va in miniraise o sono molto forti o terribili, quindi sarebbe preferibile chiamare. In questo caso la decisione è davvero close, servirebbero informazioni più precise per poter giudicare in modo definitivo.”

Dunst: “Sono d’accordo con te, ma se sei in modalità autopilot e pensi alla chips ev vai sempre all-in.”

 

Cosa dice l’ICM

Seguendo le parole di Dominik Nitsche abbiamo fatto elaborare lo spot a un calcolatore di ICM online.

Dando in pasto gli stack e i payout della specifica situazione di gioco, HoldemResources restituisce i range di push-call, quindi l’elaborazione non collima alla perfezione con l’azione di questo spot, in cui non c’è un openpush ma un miniraise.

Nella analisi Nitsche ha detto che se il chipleader su bottone pushasse tutte le mani, per il giocatore su big blind con A-K sarebbe il più facile dei call.

Se invece il chipledaer seguisse nei suoi openpush l’equilibrio di Nash, secondo HoldemResources dovrebbe openpushare con il 57,5% del range: in quel caso, dopo il fold del giocatore short da small blind, il giocatore su big blind dovrebbe stracciare il suo A-K.

Stante il payout verticale e la presenza di un avversario molto short, il suo range di call dovrebbe infatti comprendere solamente le coppie dai dieci a salire!

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