Tuesday, Apr. 30, 2024

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il 2 Dic 2022

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Il ruolo dei bias cognitivi al tavolo verde secondo Gaelle Baumann

Il ruolo dei bias cognitivi al tavolo verde secondo Gaelle Baumann

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In un gioco ad alta attività mentale come il poker, sapere come funziona il ragionamento umano evita di cadere in alcune trappole.

Le più insidiose sono quelle rappresentate dai cosiddetti ‘bias cognitivi’, che sono degli schemi percettivi che ci fanno immagazzinare le informazioni in entrata in modo distorto, portandoci a deviare dalla razionalità nei processi mentali di giudizio.

Di questi ‘pregiudizi cognitivi’ ha parlato in modo diffuso la professionista francese Gaelle Baumann nel blog della poker room di cui è testimonial.

 

Il bias della autoindulgenza: sentirsi migliori degli altri

Secondo Baumann i problemi rappresentati dai bias al tavolo verde iniziano da quello che ci fa percepire come se fossimo migliori degli altri.

“Il pregiudizio dell’autoindulgenza è conosciuto da diversi decenni ed è stato studiato sotto il nome “effetto migliore della media”. Numerosi studi condotti su diversi campioni hanno evidenziato una tendenza precisa: la maggior parte delle persone sopravvaluta le proprie capacità e la propria intelligenza rispetto a quelle dei coetanei. Per esempio degli studi americani hanno dimostrato che il 93% della popolazione ritiene di guidare meglio della media, e che il 70% degli uomini e il 60% delle donne pensano di avere un’intelligenza superiore alla media. È ovviamente statisticamente impossibile che più del 50% della popolazione abbia valori superiori alla media. Da ciò si evince che la maggior parte delle persone hanno una autostima molto positiva, ma anche irrealistica!”

Quando il bias è all’opera

Per chiarire come si può esplicitare nella realtà concreta di tutti i giorni il bias della autoindulgenza, Baumann racconta un aneddoto:

“Nel 1995, McArthur Wheeler, un uomo di 44 anni, entrò in due banche in pieno giorno con il volto scoperto per compiere rapine. Quando la polizia vede le telecamere di sorveglianza, vede Wheeler con la faccia cosparsa di succo di limone. Durante il suo arresto, il rapinatore, stupito di essere stato beccato, esclama: “Io però avevo messo il succo di limone!”. Il suo ragionamento logico (sic)? Il succo di limone può essere utilizzato per scrivere lettere invisibili che diventano leggibili avvicinando la lettera a una fonte di calore. Il suo pregiudizio cognitivo era tale che era sicuro che avrebbe funzionato anche sul suo viso, e il succo di limone lo avrebbe reso invisibile alle telecamere della banca. Storia vera.”

 

Intelligenza e bias

Baumann prosegue dicendo che l’accaduto a Wheeler portò degli studiosi ad approfondire eventuali legami tra intelligenza e bias cognitivi.

“Le persone più talentuose si percepivano nel 25-30% dei migliori. Tuttavia, la maggior parte era effettivamente nel 13% migliori, mentre il 25% con le prestazioni peggiori si sentiva nel 40% dei migliori. Questi risultati dimostrano quindi che esiste una correlazione diretta tra la mancanza di intelligenza e/o abilità e una elevata autostima. È vero anche il contrario: le persone intelligenti sono in genere più consapevoli dei propri limiti e mancanze e sanno mettersi in discussione, mentre le persone meno intelligenti sono meno introspettive e hanno più difficoltà ad accettare le critiche. Da ciò per queste persone deriva una difficoltà a migliorarsi. E’ il cosiddetto effetto Dunning-Kruger: una persona persuasa a possedere conoscenze che non possiede.”

 

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Nel grafico l’effetto Dunning-Kruger. In assenza di abilità si ha fiducia massima. Più aumenta l’abilità, più la fiducia diminuisce. Una volta che si diventa realmente competenti, la fiducia torna a salire.

 

Quel naturale ottimismo

Secondo Baumann, questo bias cognitivo dell’autoindulgenza si spiega con una sorta di ‘naturale ottimismo’ del nostro cervello:

“Il nostro cervello odia perdere la faccia. Per preservare una buona autostima, tenderà a darsi più credito quando ha successo, e ad incolpare elementi esterni quando fallisce.”

La professionista francese dice che è possibile vedere questo bias all’opera tra i tifosi delle squadre sportive, che associano naturalmente le vittorie al bel gioco espresso dalla squadra per cui tifano, attribuendo le responsabilità delle sconfitte a fattori esterni – a iniziare dall’arbitro.

Per Baumann comunque i bias cognitivi hanno una funzione precisa:

“Ci proteggono, ci aiutano ad avere una buona autostima e a prendere decisioni in fretta, anche se non sempre sono quelle giuste. Ci aiutano a sentirci bene e al di sopra della media quando in realtà la maggioranza è nella media. Prendere coscienza dei propri ‘bias’ non sempre è facile, ma accettando di non sapere tutto, dimostrando umiltà, ascoltando i consigli delle persone più competenti è possibile contrastare o almeno ridurre l’incidenza dei nostri bias cognitivi e i loro effetti negativi.”

 

 

Foto in alto by Neil Stoddart – PokerNews

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