Dario Alioto a tutto tondo – Analisi di un fenomeno

“Non stare in piscina fino a tardi, vieni al Rio alle 16 che c’è Dario Alioto nei 14”. Così mi dice Rudy Gaddo, chiedendomi 3500 battute sulle emozioni del ragazzo griffato Sisal.
Mollo le conigliette di Playboy che stanno abbronzandosi ( nel senso che distolgo lo sguardo…) e mi incammino sotto un sole cocente verso il tempio del poker. Quando entro ci sono ancora 11 giocatori e inizia il break che mi consente di spendere due chiacchiere con il talento palermitano.
Noto in lui la fierezza del ragazzo pulito del sud che sente di essere arrivato, senza l’aiuto di nessuno. Affronta una competizione gestibile solo per campioni di una versatilità impressionante ( 8 giochi ) e 400 avversari se li è già lasciati alle spalle.Non è qui in vacanza, non è l’ottimo “rounder” di Texas hold’em che viene alle World Series per giocare “a quei giochi che in Italia non si giocano”: è un fenomeno dell’ Omaha che ha studiato con la massima cura le altre discipline.

“Se fino a qualche mese fa temevo lo Stud adesso, quasi, quasi, non vedo l’ora che arrivi…”. Sente di rappresentare un Paese e sente di rappresentare un’azienda, non a caso c’è una parola che gli sento pronunciare spesso: “Record”.
Non dice “disco” in inglese, ma evidenzia, piuttosto, l’occasione nelle sue mani di raggiungere un altro tavolo finale, per un numero totale che nessun altro italiano è riuscito ad eguagliare. Passano alcune ore e l’obiettivo viene centrato.
Dario osserva spesso il gioco in piedi, scuotendo frequentemente il capo a sciogliersi i muscoli del collo: non gli ho chiesto nulla ma credo sia un retaggio dello judo ( è cintura nera ) e della fase di riscaldamento di questa disciplina. Di certo non è un tic, Alioto non concede tell agli avversari: ogni sua azione è proposta con glacialità, sia un fold, un call o un raise.
La sua ragazza lo guarda fremente a pochi metri, lui le lancia sguardi complici: come a ricordarle che ogni suo successo è merito anche suo. La mano che lo condanna all’eliminazione è di Stud Hi ( ricorda la tradizionale telesina ). Lui ha doppia coppia, l’avversario scopre un tris: spizzica l’ultima carta per il full, ma non è quella desiderata.
Good bye Dario e mi colpisce vedere come tutti i giocatori al tavolo non si concedano l’abituale applauso liberatorio, ma si alzino quasi simultaneamente per salutarlo: come a sottolineare il talento del siculo. La sua ragazza lo stringe a se poi lo accompagna per i corridoi del Rio.
Si tengono per la vita come due collegiali, lui si sfoga lei lo ascolta. Probabilmente avrà pure tentato: “Beh, 28000 euro non sono pochi…”. Ma sono certo che lui gli ha, o gli avrebbe risposto: “Volevo vincere, questo contava per me”.

Trova il tempo per concedermi un’intervista televisiva e anche per concedersi qualche battuta, il tecnico, terminata la stessa, gli chiede: “Ma non sei arrabbiato neanche un po’?”. Lui ci regala un fuori onda che la dice lunga sulle mille emozioni che lo attraversano: giochiamo a inserire comunemente qualche “bip” che sostituisce le parolacce. Ma questo è uno sfogo tra amici, non è più lavoro. Il tecnico lascia il suo ruolo di improvvisato intervistatore e torna impeccabile cameraman inquadrandolo mentre si allontana morbidamente abbracciato alla sua compagna. Dentro di me cresce sempre più netta la sensazione di avere appena finito di chiacchierare con un ragazzo che si comporta da uomo e che gioca da campione.