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il 24 Apr 2012

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Poker e fisco, parla Dario Alioto: “In Italia dobbiamo prendere esempio dalla Finlandia!”

Poker e fisco, parla Dario Alioto: “In Italia dobbiamo prendere esempio dalla Finlandia!”

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Poker e fisco: un argomento sempre molto difficile da trattare soprattutto quando è legato alle vincite effettuate ai Casinò esteri. Se per il gioco online il tutto sembra essere ormai chiaro, quando si parla di vincite effettuate fuori dall’Italia nascono grandi punti interrogativi.

Dal suo punto di vista, prova ad affrontare l’argomento della fiscalità, proponendo qualche soluzione, il capitano del Team Pro di Sisal Poker, il palermitano Dario Alioto che scrive un brillante intervento sul proprio blog.

Secondo Alioto prima di esaminare la situazione italiana è giusto considerare alcuni esempi di regolamentazione, per esempio quella statunitense: “Prendiamo in esame gli USA, nettamente più rigorosi in materia rispetto ai cugini britannici,  che conservano comunque una certa coerenza nella loro impostazione.

Un cittadino statunitense ha il dovere di dichiarare tutti i redditi prodotti nel territorio nazionale, ma anche all’estero, comprese le vincite al gioco.

In fase dichiarativa, un giocatore deve dichiarare l’utile conseguito nell’annualità fiscale. Se si tratta di un professionista viene trattato come un lavoratore autonomo, potendo scaricare tutti i costi ordinari e necessari allo svolgimento della propria professione.

Un giocatore che frequenta i circuiti internazionali dei tornei di poker può scaricare tutte le spese di viaggio, vitto e alloggio, ma anche le spese di rappresentanza. Sono tutte voci che hanno un consistente impatto economico sulle finanze di un Poker Pro e il fisco statunitense riconosce la necessità di permetterne tali detrazioni garantendo equità nel trattamento della capacità contributiva del giocatore professionista.”

Se questo sistema può essere da esempio, sempre secondo Alioto, si tratta di una situazione geo-politica non totalmente assimilabile a quella italiana. Ecco allora che si passa a considerare un Paese che non solo fa parte della Comunità Europea, ma anche dell’Eurozona, la Finladia.

Ecco cosa ne pensa della fiscalità della nazione nordica: “La Finlandia è un vero modello al quale dovrebbero ispirarsi le maggiori democrazie occidentali, tra i primi posti al mondo per quanto riguarda corruzione ed evasione fiscale, pressoché inesistenti. […] Semplicemente si tratta di un popolo culturalmente educato a far funzionare le proprie coscienze per il bene della collettività. Sono i singoli individui che vigilano sulla rettitudine delle proprie azioni e su quelle di chi sta vicino. Non a caso tutte le dichiarazioni dei redditi sono assolutamente consultabili, al fine di scoraggiare il furbetto di turno dal fare il parassita della società, sicuro di non poter sperare nella complicità di nessuno.

In Finlandia le multe si pagano in base al proprio reddito, e visto che le dichiarazioni dei redditi non sono delle vere sorprese, come spesso capita da noi, la persona in contravvenzione sarà costretta a pagare una penalità in proporzione alle proprie possibilità contributive.

Se si tratta di persone molto facoltose, una singola contravvenzione per violazione del codice stradale può arrivare a costare fino a centomila euro! Quando le leggi sono eque non conviene a nessuno violarle. La situazione della Finlandia è proprio quella che più dovrebbe presa in considerazione dal fisco nostrano.”

L’intervento di Alioto non è solo “critico”, ma anche propositivo: “In Italia, la persona che investe in titoli è soggetta alle ritenute di legge ed è considerato irrilevante il fatto che si tratti di un trader professionale o di un normale investitore che svolge una diversa attività lavorativa.

L’investitore, come il pokerista, nelle sue operazioni è soggetto ad una certa aleatorietà, ma se è molto capace e preparato può garantirsi dei proventi che nel lungo periodo gli permettono di poter vivere della sua attività, in questo caso potremmo considerare l’investitore un trader professionista.

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Questa considerazione vuole semplicemente accostare le due attività per far notare quanto siano simili, spesso sovrapponibili, perché non trattarle in maniera analoga?

Il trader come il poker pro, non necessita di particolari requisiti per operare, non esiste un ordine professionale e non esiste nulla che certifichi il suo livello di preparazione.

Lo stato riconosce all’investitore il diritto di compensare le perdite ( minusvalenze ) per ben cinque anni dalla data di conseguimento della perdita, lo mette in condizione di far valere la sua preparazione e lo tassa solo sui propri proventi netti. […]L’investitore deve semplicemente allegare alla propria dichiarazione le certificazioni rilasciate dalle banche, quindi tutta la gestione di queste dichiarazioni è piuttosto semplice.

La stessa cosa si potrebbe fare con le vincite estere dei tornei esteri in un pokerista, perché no? Il giocatore, tenuto a conservare tutte le distinte di incasso dei premi conseguiti, potrà allegare in dichiarazione anche le ricevute di iscrizione ai tornei, che andranno a formare le minusvalenze.
A fine anno si fa il saldo, nel caso di una plusvalenza complessiva, la cifra risultante andrà a formare l’imponibile da tassare al 20%. Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle iscrizioni sia superiore alle vincite conseguite, il saldo negativo andrà a formare una minusvalenza che sarà compensabile per i cinque anni successivi, dove tali importi andranno ad abbattere le future plusvalenze.

Non sono certo persona qualificata per rispondere a questa domanda, ma credo che la soluzione sia più semplice di quanto si possa immaginare.

Si potrebbe fare una minuscola modifica nei testi di legge che regolamentano il capital gain e fare in modo che tra tutte le tipologie di proventi soggetti a tale tipo di trattamento rientrino anche i proventi conseguiti all’estero tramite giochi e prove di abilita, gli skill games appunto.

Potrebbe bastare un singolo rigo per sistemare una situazione che attualmente scoraggia fortemente il giocatore ad impegnarsi all’estero.

Per il fisco questo sarebbe un innegabile vantaggio, nella situazione attuale il giocatore è scoraggiato dal giocare all’estero a causa di un lacunosa e irragionevole situazione fiscale.

E’ costretto a giocare nei casinò italiani, dove le vincite sono esentasse e quindi non c’è nulla di guadagnato per le casse dello stato. Il Poker Pro non spende il suo denaro nei giochi presenti  al casinò, costringerli a rimanere esclusivamente in tali luoghi per giocare dei tornei porta solo degli svantaggi alle casse dello stato.”

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