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il 21 Giu 2009

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A due metri dal campione

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“Welcome to Las Vegas”.  E’ quella la frase che mi rimane impressa, o forse l’unica che capisco, dalle casse di diffusione dell’aereo. La più bella, chiaramente, le altre, vuoi per lo slang americano, vuoi per la scarsa qualità dell’impianto, volano via. Proprio vero: si sente ciò che si vuole sentire….!
Il viaggio dura 18 ore e se ci mettete che si parte da Venezia ( e io sono di Bologna ) e bisogna presentarsi due ore prima al check in, il totale non è lontano dalle 24, un giorno, insomma. Ne vale la pena? Il dubbio svanisce in un attimo, ma non c’è mai stato, non appena si entra al Palms, un albergo popolato da ventenni dal fisico mozzafiato. Le stesse, e ce n’è pure qualcuna in più, che il giorno dopo si gode l’immensa piscina, nota per le sue feste da delirio assoluto.

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Musica R & B e seni che si dimenano da rendere orgogliosi i chirurghi, sole a picco per una quarantina di gradi: l’inizio promette….

Se amate il calcio volete entrare al Maracanà, se amate il basket al Madison, se amate il tennis a Wimbledon, se amate il Texas hold’em al Rio: i grandi del poker sono qui o stanno per arrivare! Mentre mi siedo davanti al computer per scrivere l’articolo a due metri da me c’è Phil Helmutt che sta giocando il torneo da 2000 limit: ha dato una rinfrescata al look, abbandonando cappuccio e occhiali, e ha imparato a sorridere un po’ di più.

E’ uno dei cinquanta giocatori rimasti in gara su 446, ma trova il tempo di mandare messaggi in continuazione: ogni tanto spilla le carte, ripone il cellulare e annuncia il raise. I suoi avversari capiscono che è il momento di confrontarsi con il campione, oltretutto carico di chips: molti sperano che gli arrivino altri messaggi…

phil-hellmuthNel 2005 ho iniziato a giocare a Texas hold’em, nel 2006 a scriverne a livello locale, nel 2007 a parlarne in tv, nel 2008 a farlo a livello nazionale, nel 2009 sono ai campionati del mondo di poker! Abbiamo bruciato le tappe….tutti. I giocatori che sono saliti sulle montagne russe, i giornalisti che sono stati assorbiti da questo lavoro.
Phil Helmutt lo vedevo in tv, commentato dai “Caressas”, ora è a due metri da me. Ho intervistato, nella mia vita, i grandi del calcio e del basket: mi inorgogliva, ma questo ha un altro sapore. Del Piero poteva dirmi due banalità ma viaggiava, comunque, su un altro pianeta: lui sapeva fare una cosa che io non potevo lontanamente pensare di fare. Avrebbe potuto dirmi che la punizione è meglio tirarla di esterno destro ma io non avrei mai fatto goal, Helmutt può dirmi che con quelle carte, in quella situazione, mi conviene rilanciare e questo mi porta un beneficio.
E’ un professionista che di lavoro deve giocare e rispondere alle domande della stampa e di quella varia umanità che gioca a poker: lui lo fa. Capisce in un istante se la domanda è di uno sprovveduto o di uno che ha le qualità per essere qualcuno: lui adatta la spiegazione all’ esigenza.

E poi ci sono le foto, tantissimi gliele chiedono, pronti a raccontare una bugia degna di un pescatore. “Sai, gli ho rubato un piatto con un gran bluff e ha voluto fare la foto con me!”. Bugia, si, ma rispetto a qualsiasi altro sport più credibile. Prova a raccontare che hai strappato un set a Federer o hai schiacciato in testa a Kobe Bryant…. Il Rio è il tempio delle illusioni, perché i campioni giocano con gli umani, spesso li battono ma accettano di perdere, perché sanno che domani vinceranno, per gli umani “non c’è domani”, perché lunedì si torna in ufficio: bisogna cogliere la grande occasione! Mezz’oretta per scrivere l’articolo, Phil si alza perché c’è il break con più chips di prima: lui è un campione e io non porto male!

Jack Bonora

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