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il 29 Ago 2012

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Poker Pro, una vita in bilico tra passione e voglia di smettere

Poker Pro, una vita in bilico tra passione e voglia di smettere

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Quando ho iniziato con il poker, fin da subito, mi sono ritrovato a cullarmi nel sogno di giocare per professione. Mi vedevo attorniato da belle ragazze e buone bottiglie di vino, impegnato negli High Stake di qualche poker room online e braccato da giornalisti disposti a tutto pur di intervistarmi. Immancabilmente riaprivo gli occhi e vedevo il solito tavolo, quello del garage dove avevo allestito la mia base operativa, e la confusione che, forse da sempre, lo riempiva. Mozziconi di sigarette nervose e vuoti di bottiglie di un lambrusco imbottigliato con gli amici, un vinaccio da pochi euro a ettolitro.

L’ho capito ben presto che nel poker avrei dovuto occupare una posizione diversa da quella del giocatore e oggi, a distanza di anni, sono ben lieto di essere tra quelli che ogni giorno lo raccontano. Il mestiere del giocatore non è così semplice come si pensa e assomiglia solo vagamente a quello che vediamo nei film o in televisione. È un sogno di molti e per molti tale rimarrà, ma per coloro che riescono a proseguire lungo il cammino del professionismo, prima o poi suona la sveglia, quella che ti fa riaprire gli occhi.

Magari loro non vedono un tavolo disordinato in un garage qualsiasi, magari il loro tavolo è una bella scrivania, disordinata ma ben disposta in uno studio arredato in stile moderno. Magari non hanno il coraggio di lasciare, di “appendere le carte al chiodo”, e la fatica è tanta. È stressante giocare ogni giorno per molte ore, vedere il proprio bankroll oscillare di dieci stipendi da operaio ogni giorno. Pesante pensare che il traffico non è più quello di un tempo, che se cala ancora un po’ non c’è più margine per massare. Stress, il male moderno, la caratteristica negativa che nei lavori di concetto ha sostituito la fatica e l’usura fisica.

Nicolò ‘Joker_89’ Allisiardi

Questo aspetto, lo stress, alla lunga si fa sentire e colpisce, come ci ha raccontato Nicolò ‘Joker_89’ Allisiardi in una recente intervista redatta da Marco Fava: «Personalmente ora non consiglierei a nessuno di fare del poker il proprio lavoro. […] Il poker non è facile come la gente pensa che sia, è molto più stressante di molte tipologie di lavoro e […] rischia di alienarti troppo. Io mi sono trovato ritrovato nella situazione di non riuscire a bilanciare bene quello che era il poker e quella che era la vita diciamo di tutti i giorni. […] passi la maggior parte del tempo a fare solo quello e quando “swingavo” in negativo […] finiva che me lo portavo dietro facendolo magari pesare su diverse cose.» Sono questi i problemi contro cui dobbiamo essere pronti a scontrarci.

Oltre ai dilemmi legati allo stress, i grinder si stanno confrontando anche con un ulteriore problema, ancora più pressante: il profit. La giornata di lavoro è diversa a seconda della specialità giocata: per un grinder MTT si parla, nelle giornate più profittevoli, di 14-15 ore davanti al monitor. Per un cash player le ore si riducono a 8-9 ma per certi versi sono più intense visto che mediamente il tasso di concentrazione richiesto è più alto. Fino a qualche tempo fa questo sforzo veniva ripagato con un buon margine di guadagno, non solo per i player geniali. «Prima era facile praticamente per chiunque già uscire dai microlimiti, adesso — continua Allisiardi — richiede un altro tipo di impegno, un altro tipo di lavoro; e la situazione può solo peggiorare.»

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«Io credo sia presto necessaria una scossa di qualche tipo. […] A questo punto da chi li prendiamo i soldi? Perché se una volta ai tavoli si trovavano tre Reg e tre Fish, oggi siamo cinque Reg e un fish. […] Certamente alcuni continuano e continueranno a vincere, ma si tratta di gente che è decisamente più forte degli altri. Poi c’è tutta una serie di Reg medi che devono invece dividersi un EV molto piccolo di differenza. E cosa succederà di questa massa non lo so proprio.»

Alessandro ‘cippino1’ Meoni

Subito dopo la sua vittoria all’IPT di Sanremo feci due chiacchiere anche con Alessandro Meoni. Non la pensa molto diversamente da Nicolò. Anche ‘cippino1’ si dice stanco. «Ho fatto Elite per tre anni di fila, quest’anno ho deciso di non riconfermarmi. Non ce la facevo più e il margine non è quello di un tempo. Forse dovrei giocare head’s up cash, ma in quella specialità c’è gente fortissima, io non sono adatto a calcolare ogni singolo centesimo di variazione dell’expected value, io sono più gambler.» Anche per Alessandro sembra giunto il tempo di riflettere sul proprio futuro.

Quali prospettive rimangono? Ancora una volta è Allisiardi a suggerire una soluzione: investire i proventi del poker in attività che non siano legate al gioco può essere un’ottima soluzione nonostante in tempi non proprio rosei che stiamo attraversando. Se proprio non si riesce a portare a termine il distacco allora è il caso di stabilire regole ben precise per il grinding e, soprattutto per sé stessi. Abbassare il livello a cui si gioca abitualmente può aiutare limitando lo stress a cui si è sottoposti ma in generale il segreto è razionalizzare meglio il proprio stile di vita, concedendo alla vita privata e sociale un tempo degno durante le proprie giornate.

Io riaprivo gli occhi, vedevo le bottiglie di vino, ne aprivo un’altra e andavo a letto sereno. Quel poker era la mia passione e mi divertiva passare così la serata. Quando diventa un lavoro spesso non diverte più e rende tutto più difficile. Io non ci sono portato. Voi?

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