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il 6 Ago 2013

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Marie Claire e la giocatrice di poker che diventa escort

Marie Claire e la giocatrice di poker che diventa escort

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Il poker sembra essere un argomento molto interessante quando arriva l’estate e non si hanno troppe notizie da dare. E’ il momento perfetto per raccontare una storia torbida con il gioco a cinque carte come filo conduttore.

L’ultima testata ad essere caduta in questa tentazione è stata la rivista Marie Claire, che nel suo ultimo numero (online e cartaceo) racconta la storia di una giocatrice di poker anonima costretta a diventare escort per ripagare i propri debiti di gioco!

Prima di tutto vogliamo dire che se la storia è effettivamente vera, ci associamo al dolore della protagonista della storia, ma ci sono veramente troppi luoghi comuni e troppe imprecisioni che ci fanno credere che questo articolo non sia altro che un racconto utile solo a far clamore.

Certo, come fiction andrebbe benissimo, ma chi scrive questo tipo di articoli non si ferma a pensare al danno che si procura a un mondo che sta provando ad ottenere la dignità e il riconoscimento che i media e alcuni interessi politici continuano a negargli.

I luoghi comuni: il poker come vizio e come “sostanza” che crea dipendenza

Basterebbe iniziare dalla foto con cui Marie Claire accompagna l’articolo (@getty image) per capire che questo articolo punta sui luoghi comuni più ripetuti per dare un’atmosfera dark alla storia: un tavolo in teoria di cash game con niente meno che 12 giocatori, tutti in camicia e cravatta e con molti di loro che mettono ben in vista le sigarette e i sigari.

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E’ palese che chi ha scelto questa foto non solo non ha mai visto una partita di poker (legale o clandestina che sia!) ma vuole mandare esclusivamente un messaggio molto semplice: il poker è un vizio per uomini potenti che hanno bisogno di emozioni forti.

Se si ha il fegato di leggere tutta la storia, si scopre subito l’andazzo: far passare il poker come esclusivamente un gioco d’azzardo. Non ci stancheremo mai di ripetere che il poker giocato in maniera consona e consapevole (giocare solo tavoli alla propria portata sia di bankroll che di skill) non è un gioco di azzardo ma di abilità e che questo non è un’opinione ma un dato di fatto sancito da molti tribunali al mondo, che stabiliscono che l’abilità è tra le componenti principali di questo gioco.

Non è finito il primo paragrafo che troviamo subito un altro luogo comune, quello della dipendenza. “E a passarmi qualche chip, l’equivalente delle fiches [sic], così, tanto per farmi provare il brivido“. Se cambiamo “chip” per “cocaina” o “droghe sintetiche”, la frase farebbe lo stesso effetto.

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Dipendenza da poker, ma anche per gli acquisti… “shopping griffato, che più volte aveva mandato in fumo in un pomeriggio l’intero mensile che i miei mi spedivano per studiare a Milano“.

Chi frequenta il mondo del poker è sicuramente consapevole che il gioco può creare problemi di dipendenza ai soggetti compulsivi (e proprio per queste problematiche sono a disposizione informative nonchè strutture adeguate!), ma da qui a trattarlo come una vera e propria droga, che attanaglia chiunque ci si avvicini, ce ne passa!

Il resto è la solita storia del rapido successo seguito dal veloce declino: si parte con puntate da poche centinaia di euro, per poi arrivare a tavoli dove i suoi avversari si giocano case e attività avviate….un mix che fa fare una brutta fine alla protagonista, costretta a fare la escort per pagare i suoi debiti. Prostituzione di lusso con i suoi compagni di gioco.

Una sera in cui ero particolarmente disperata – avevo appena perso 10mila euro che non sapevo proprio dove recuperare – uno dei miei creditori mi aveva sussurrato una proposta. Avrei saldato uscendo a cena con lui. Era un over cinquanta. Molto distinto, discreto. Perché no, mi ero detta, piuttosto che chiedere soldi a casa.

Più tardi non me l’ero sentita di sottrarmi al dopocena. Poi non so, forse la voce si era sparsa, fatto sta che più perdevo, più quegli inviti a cena si moltiplicavano. Faccio fatica a ripensare a quel periodo: ero una con un prezzo di mercato, diecimila euro a botta. 

Insomma un insieme di luoghi comuni che descrivono esclusivamente “il peggio” della nostra disciplina.

I media generalisti e il poker

Perchè ultimamente i medai generalisti trattano il poker con tanta superficialità? Non perdetevi  l’intervista che abbiamo fatto a Ciccio Valenti sul perché giornali e tv sono (volutamente) imprecisi quando parlano di poker.

httpv://www.youtube.com/watch?v=iGYoOsG-sfM

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