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il 12 Nov 2008

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Relazione del Ministero degli Interni sul Poker Sportivo

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Dal Viminale notizie preoccupanti per il mondo del poker dal vivo. Il Ministro dell’Interno Roberto Maroni e il capo della Polizia Antonio Manganelli hanno firmato una relazione frutto dell’indagine esplorativa, commissionata dal Consiglio di Stato, sulla situazione dell’Italia che si siede al tavolo da gioco.

Nelle nove pagine che compongono la relazione, oltre ad un quadro dell’attuale panorama torneistico italiano, sono state innalzate delle vere e proprio palizzate che lasciano ben poco spazio di manovra al Texas Hold’em dal vivo: scelte prudenti ma forse fin troppo rigide.

Secondo Maroni la spesa per partecipare ad un torneo non dovrebbe essere superiore ai 100€, ma solo per quanto riguarda le fasi finali a carattere nazionale; a livello regionale, provinciale e locale tale tetto di spesa è fissato a 30€, di gran lunga inferiore alla quota media risultata dall’inchiesta che oscilla tra i 50 e i 1.500 euro. Oltre alle limitazioni circa il buy-in, per gli organizzatori scattano anche dei veri e propri divieti, non potendo “svolgere nella medesima serata e nella stessa località più di un torneo”. Nella relazione si consiglia infine di porre uno stop alla pratica del “rebuy”, ovvero la possibilità di acquistare una seconda posta di gioco dopo aver esaurito la prima d’ingresso al tavolo.

La relazione è stata commissionata, come detto, dal Consiglio di Stato, al fine di avere un quadro più chiaro della situazione pokeristica sul territorio nazionale, dove oltre 500 tra associazioni, circoli sportivi e federazioni autonome (nati negli ultimi due anni) chiedono l’autorizzazione per organizzare, a vario titolo, tornei di poker, innescando aspri contenzioni con l’ autorità di pubblica sicurezza. Proprio per la mancanza di una normativa univoca a riguardo è stato giudicato da Maroni lecito e prudente il comportamento di numerose questure italiane che hanno considerato i tornei live come appartenenti alle tabelle dei giochi proibiti.

Ecco dunque l’amletico dilemma: Il poker “texano” è un gioco d’azzardo o un gioco sportivo e, di conseguenza lecito?

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Il Viminale ne riconosce lo spirito ludico affermando che “Il Texas Hold’Em nella misura in cui rappresenta uno svago può esprimere utilità sociale” e varca i limiti dell’azzardo quando “in considerazione delle regole applicate dagli organizzatori, esso palesi gli elementi tipici del reato”. In sostanza il gioco è riconducibile a fenomeno sociale solo se la posta in gioco è “poco significativa”, al contrario si trasforma automaticamente in gioco d’azzardo se si configura a scopo di lucro. Il poker è dunque “sicuramente da vietare qualora la partecipazione ai tornei fosse consentita attraverso il versamento di una quota d’iscrizione non modesta, oppure tale da non essere destinata all’acquisizione di premi, nonché distratta per trarne vantaggio economico

Purtroppo Maroni e Manganelli hanno verificato in più casi la tendenza degli organizzatori a non versare per il montepremi l’intera quota di partecipazione al torneo, ma a trattenerne tra il 10-20% per sostenere costi organizzativi “in nessun caso documentati”.

Appare dunque non privo di fondamenti l’allarme lanciato dal Viminale, considerando le attuali caratteristiche del poker live italiano che comporta pericoli come “dissolvimento patrimoniale”, rischi per il gioco clandestino, ritenuto “fonte di profitti per le organizzazioni criminali” e distorsione della definizione del poker sportivo in una modalità “classica del gioco d’azzardo”, fino ai rischi del fenomeno dell’estorsione qualora il gioco finisse “sotto il controllo diretto della criminalità” a causa “dell’elevato flusso di danaro”.

Laura Tortora

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