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il 11 Apr 2011

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Nuoce Gravemente alla salute

Nuoce Gravemente alla salute

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Il Poker porta con sé sicuramente tanti aspetti positivi di cui la marcata componente meritocratica (nel lungo periodo) è sicuramente la qualità più apprezzabile, ma frequentando sia per lavoro che per hobby questo mondo non posso far a meno di rendermi conto quanti lati negativi porta con sé.

Il poker ovviamente fa male a chi perde: tralasciando chi lo fa per hobby e lo considera alla stregua di una serata al cinema è lapalissiano ripetere quante tentazioni possono stuzzicare le persone affette da ludopatie; considerare il poker un gioco d’azzardo è sicuramente errato, ma è altrettanto sbagliato chiudere gli occhi e non rendersi conto di quanto possa essere deleterio nei soggetti già “a rischio”.

Oltre al danno economico, per i perdenti poi c’è la beffa di arrovellarsi il cervello cercando di dimostrare improbabili teoremi piuttosto che ammettere (e non c’è nulla di male!) la superiorità degli avversari.

Il poker fa male anche a chi “va pari”, categoria che seguendo le dichiarazioni degli interessati è probabilmente la più corposa: non è semplice infatti continuare a giocare, investendo tempo ed energie, e vedere la propria linea di guadagni piatta, non riuscendo magari per sfortuna a ingranare la giusta marcia e abbandonando mestamente le aspettative riposte.

La stranezza è però nel fatto che il poker nuoce spesso anche alla salute dell’elite dei campioni, perché portare a casa stipendi a doppia cifra non è esatto sinonimo di felicità: sono davvero poche le persone sufficientemente intelligenti e con un giusto mindset mentale che estrapolano il meglio dal gioco (fondamentalmente i quattrini!) lasciandosi scivolare tutte le negatività che porta in dote.

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Le bad beat in serie fanno male all’umore e di certo gli sbalzi del bankroll, che possono essere davvero paurosi, non conciliano il sonno notturno se non si ha ben chiaro l’obiettivo finale. Ma fa male anche rovinarsi il fegato per l’invidia nei confronti di chi ha “shippato” un torneo che forse non meritava, o di chi “runna good” pur essendo scarso, nonché lamentarsi magari per un secondo posto perché “meritavamo” di vincere. Tutto questo porta all’incredibile risultato che praticamente sono pochissimi i pokeristi felici.

Forse il vero problema è che il poker, soprattutto il quello italiano degli ultimi anni, ha consentito a tante, troppe, persone di arricchirsi in maniera spropositata rispetto alla maturità acquisita nella “vita vera”, spingendoli ad una alienazione che fa sovrapporre le avventure pokeristiche con il mondo che ci circonda, facendo coincidere le qualità al tavolo con i valori personali: chi quindi perde a poker, o non ha le basi per discutere di differenziali di un call in bolla, diventa ai nostri occhi improvvisamente stupido, inutile e non degno di rispetto.

Viviamo nel pieno boom del poker e abbiamo la fortunata possibilità di poter prendere da questo fantastico gioco tutto il meglio possibile: soldi, fama, soddisfazione e realizzazione personale e sociale; non lasciamo però che il poker sia l’unica essenza della nostra vita, l’unico argomento di discussione, l’unico nostro pensiero giornaliero, perché il rischio è di uscirne devastati nel fisico e nel morale: questo nuoce alla salute più di qualsiasi bad beat perché non avremo più in seguito una “mano giusta” per poter recuperare.

Articolo apparso su Poker Sportivo di Febbraio 2011

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