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il 23 Nov 2023

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Istinto e matematica: chi vince tra il braccio e il ragionamento statistico

Istinto e matematica: chi vince tra il braccio e il ragionamento statistico

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Il gioco del poker fa parte di quelle discipline che non si possono sottrarre a qualsiasi tipo di coin flip sulle fondamenta che fanno capo agli elementi stessi che lo costituiscono.

Da sempre si dibatte sull’incidenza della fortuna rispetto alle skill di ogni giocatore, piuttosto che, più recentemente, sull’utilizzo dei software di supporto o, l’ancora più moderno confronto tra il gioco basato sulla GTO e un approccio exploitativo.

Matematica e istinto

Ma un altro dilemma che invece mette a raffronto due macro sistemi del poker moderno, è quello tra quelli che sono i giocatori che hanno una mente matematica e quelli che giocano “di braccio“.

Va da sé che la componente matematica in un gioco come il nostro fa capo a quel bagaglio tecnico del quale tutti i giocatori più forti non possono fare a meno e tale capacità si acquisisce soprattutto quando c’è da mettere le basi su ogni carriera di un pokerista, sia essa preparata per diventare qualcosa di più che degli appassionati, sia che essa sia approntata per far nascere un campione.

Già il solo calcolo delle odds, di per sé abbastanza semplice, è pura matematica. Stabilire se conviene o meno chiamare una puntata o un rilancio, in base alle odds e alla probabilità di avere (o di centrare) la mano vincente è fondamentale per chi vuole giocare a poker con profitto.

Dall’altra parte vi sono tutta una serie di fiumane di genti che alla matematica non pensano proprio, raggiungono magari determinati risultati nel breve periodo e, proprio incoraggiati da tali risultati, persistono sullo scarso o inesistente utilizzo della scienza esatta per eccellenza.

Quando usare la matematica

La matematica può essere utilizzata in molte situazioni diverse, anche se l’esempio più classico capita quando un giocatore possiede un progetto, solitamente di scala o di colore. Se un avversario punta e abbiamo un progetto, dobbiamo decidere se chiamare o meno per tentare di chiudere il punto.

In questa situazione, un giocatore che conosce bene il poker e la matematica saprà sempre se vale la pena fare call o meno, mentre chi ignora tali concetti sarà sempre insicuro e si affiderà al caso o all’istinto, rischiando così di prendere la decisione matematicamente – e di riflesso economicamente – meno vantaggiosa.

Quante volte un giocatore inesperto ha foldato un progetto semplicemente perché riteneva troppo grossa la puntata del suo avversario, in termini assoluti e non rapportata al piatto formatosi fino a quel momento? E quante volte, invece, è successo esattamente il contrario? A tutti è capitato di intestardirsi su un progetto perché “tanto non mi costa molte chip se faccio call”, magari all’inizio di un torneo quando i bui sono ancora bassi.

Dalla parte dell’istinto

Non sono pochi, però, i giocatori che tendono a considerare un approccio di tipo esclusivamente matematico e statistico addirittura dannoso e deleterio per i risultati nel breve e nel lungo periodo.

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Questa teoria è supportata dal fatto che oggi la GTO, il cui acronimo grosso modo corrisponde all’italianizzata strategia di gioco migliore possibile, “Game Theory Optimal”, viene oggi battuta in maniera molto consistente, eppure anche i più grandi campioni di questi anni, non hanno la certezza che sia lo stratagemma perfetto per mettere in serie risultati su risultati.

La GTO è infatti la summa massima del gioco matematico, una sorta di sua evoluzione, che mette in risalto i risultati di una mano giocata infinite volte durante la propria carriera di giocatori.

Se è vero come è vero che tale approccio sia quello che teme meno confronti con qualsiasi altro approccio, è altrettanto giustificata la teoria che essa non basta da sola a vincere i tornei o uscire con profitto da tutte le sessioni di cash game alle quali si partecipa.

Usare con cautela

Questo significa che se da una parte la GTO aiuta e non poco a mettere sotto i piedi una base solida per diventare dei buoni giocatori, essa non può essere applicata alla lettera e, anzi, occorre farlo con giudizio, visto che l’istinto, ma non solo quello, ha la sua importanza.

Quando scriviamo “non solo quello”, ci riferiamo a quelle caratteristiche “in game” che un procedimento che fa capo alla GTO non può prevedere e che solo il flow della partita che stiamo giocando può palesarsi agli occhi dei giocatori.

Il tilt, le mani precedenti al colpo in questione, il momento di rush, sono tutte caratteristiche che una GTO, seppur giocata studiata nel migliore dei modi, non possono prevedere. 

A supporto, vi proponiamo le parole di Davidi Kitai, che parlò della GTO in relazione alle World Series Of Poker: Durante le WSOP, il gioco GTO non funziona affatto. Ho molti amici tecnicamente forti che, ogni anno, si fanno fregare. Si lanciano in riflessioni del tipo: “Ho il top del range, non posso foldare”, solo che non funziona così!

Per Kitai è una questione di stile dei giocatori che si incontrano: “L’americano medio non bluffa, punto. E’ così semplice. Crediamo di overfoldare il river ma anche se veniamo bluffati una volta su cento, nel lungo periodo sarà molto più redditizio. Detto questo, ciò che è particolarmente interessante a Las Vegas è la diversità di stili che si possono incontrare. La chiave per massimizzare il proprio EV è quindi “profilare” al meglio i nostri avversari, per poi adattarsi al loro stile di gioco.”

 

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