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il 13 Lug 2012

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WSOP 2012 – Marco Della Tommasina e una mano contro Jamie Gold

WSOP 2012 – Marco Della Tommasina e una mano contro Jamie Gold

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L’antefatto. Un mercoledì pomeriggio di inizio luglio a Las Vegas, nei corridoi del Rio. Di rientro da una pausa caffè in compagnia di Marco Della Tommasina. Apple pie con gelato e caramello per due, Marco ne lascia metà che è a dieta, io non lascio neanche il piatto che ho fame. Ce la chiacchieriamo tornando in Amazon Room per vedere come vanno gli azzurri ancora in corsa nel Main Event, day2C. Si parla di tutto, come spesso succede con DellaTomma. Si ride di più, come sempre succede con DellaTomma.

Oh, guarda chi arriva. Faccio io.

“Chi? Dove?”

Guarda quello con quel sacchetto bianco in mano. Sicuramente avrà dentro le sue vaschette di mirtilli e frutti di bosco che mangiava anche quando ha vinto le World Series.

“Uhhh, Jamie Gold. E con che bionda…”

La storia. Sala stampa del Rio. Giovedì pomeriggio, il Main è al day3. Della Tommasina arriva a salutare, che domani parte.

Come è andata ieri sera?

“Alla grande. Sono andato al Venetian. E sai chi c’era? Proprio lui, Jamie Gold”.

E che faceva?

“Era seduto al 5-10. Lui, tre vecchietti americani, e due-tre a caso, forse europei. E allora sai che ho fatto? Ho chiesto un posto al 5-10”

Ah, li ha proprio finiti allora. Ma aveva ancora almeno il sacchettino dei mirtilli?

“Sì, girava sempre col sacchettino. E c’era anche la bionda spettacolare di ieri. Poi aveva anche la massaggiatrice. Insomma, un gran cinema, lì al Venetian lo considerano proprio la star. E aveva anche tipo 5.000 dollari davanti…

E tu da buon genovese ci hai messo subito gli occhi…

“Mah, mi son detto: siamo a Las Vegas. Facciamo ‘sto colpo. E il floorman con voce cupa mi fa: ma sei sicuro di voler giocare con Gold? E io: come no…E mi siedo con 2.000 dollari. Che poi non è che Gold giochi proprio in modo schifossimo. Gioca proprio come l’americano medio”.

Solo che a differenza dell’americano medio ha vinto 12 milioni di dollari e ne ha dovuti dare la metà a un amico a cui aveva firmato quel famoso pezzo di carta che diceva che erano in società per il Main 2006.

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“Guarda, secondo me non è rotto come dicono tutti. Era lì, scialava, giocava tranquillo. Poi arriva la mano…”

Non lo dico a DellaTomma. Ma mi sembra di essere Turturro che fa Joey Knish e ascolta la storia della mano di Mike McDermott con Johnny Chan. Solo che Gold non è esattamente Chan, io non mantengo la famiglia grindando i circoli di New York e Marco, beh, non è Matt Damon. Non ti offendere Marco…

“Comunque lui apre 30, flatta un signore anziano, io con 7-8 di fiori faccio 120 in posizione, e chiamano tutti e due”.

Strano, Jamie Gold che flatta tribet fuori posizione…

“Eh eh. Comunque il flop è dama-nove-sei, con dama e nove di fiori. Non brutte. Due check, io faccio tipo 180. Lui fa call, folda l’altro”.

E qui vi dovete immaginare, per chi lo conosce, la voce da narratore di Marco che te la farebbe far sotto dalle risate anche se leggesse il Padre Nostro. 

“Il turn è un magico 5 di quadri. Godo leggermente. Lui fa check, io penso un po’ poi decido ancora di bettare, tipo 240, e lui fa 640. Ci penso, ci penso, ci penso. Call. Tanto ho anche i fiori. C’ho troppe carte buone anche se non resto nuts. E poi voglio lasciarlo sparare anche in ultima”.

River.

“2 di picche. Resto con le mie noccioline in mano. Nuts. Lui mi esce lunghissimo, tipo 900, o 950, e io pusho, ho circa 1.600, e lui mi chiama. E mi gira asso-donna”.

Che mano orrenda. Forse gioca peggio di un americano medio.

“Ah ah ah. Guarda questi soldi. Sono un pezzo di quel mondiale che ha vinto, capisci? Ho vinto un pezzo di World Series, anche se quest’anno sono uscito al day1. Ah, vuoi fotografarli? Aspetta che ci metto anche la firma di Jamie Gold, dai. Così son più belli”.

Impazzisco dal ridere. Letteralmente. Quasi come ogni volta in cui Marco racconta la storia del piatto a omaha con quel russo a Berlino. Storia che un giorno vi racconteremo. Un giorno. Che per oggi è troppo.

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