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il 22 Dic 2009

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Marco Trevix a Las Vegas – Quarta Parte

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La vacanza, di relax e pokeristica, continua, non smettendo però di pensare ai $1590 immolati per inseguire…boh…..chissà..traguardi a me ancora preclusi. In ogni caso, meglio aver giocato 8-9 ore con giocatori piuttosto in gamba, cercando di captare i miei errori e sopratutto le strategie sensate degli avversari, che stare lì a recriminare per un coin flip non riuscito in tornei dal prestigio, forse, inferiore. Chi butta soldi nelle WSOP (l’illuso trevix) deve tendere a migliorare giorno per giorno e non sperare semplicemente in una infinita serie di carte positive.

Il sole, come dicevo, è una costante a las vegas anche fuori stagione e sprona l’umore in senso positivo. Durante le ore più calde la temperatura arriva anche a 22° e la cosa non può altro che farci piacere; perfino la bella piscina del complesso in cui ho l’appartamento è ancora aperta anche se l’idea di fare una nuotata non ci sfiora nemmeno. Le giornate scorrono fra le solite incombenze legate ad una casa che, per ora, viene abitata solo per pochi giorni l’anno (sigh) ma che si spera diventerà l’abitazione principale.

Il sistema di riscaldamento/climatizzazione è comandato da un unico sistema che “soffia” aria fresca o calda e che presenta un vantaggio e uno svantaggio facilmente intuibile: d’estate l’aria si rinfresca velocemente e d’inverno si riscalda in un lampo ma al prezzo di un rumore non propriamente impercettibile. Così di notte mettiamo il termostato ben al di sotto dei 72 F consigliati, in modo che non si accenda di notte.

Incredibilmente, l’atmosfera generale è di assoluto silenzio e questa non nego è stata una sorpresa: i “muri” delle case americane (nessuna esclusa, sono tutte così, anche quelle da milioni di dollari) sono fabbricati con pannelli “Tyvek“, una sorta di cartongesso permeabilissimo ai rumori. Fortuna vuole che in zona abiti gente che di notte va a letto presto e di giorno si alza altrettanto presto.

Gli unici scossoni che perturbano il sonno di un pokerista indemoniato sono i rumoracci del camion immondizia, proprio di fronte alla nostra casa, e lo “scroscio” metallico dei portoni elettrici dei garage. Per il resto sembra di vivere in pieno deserto. Un avvertimento che devo sempre tenere presente è quello di stare alla larga dal sensibilissimo telecomando del mio garage perché rischierei di riaprirlo dopo essere uscito con la macchina. I garage americani sono connessi all’appartamento internamente e lasciare aperto il portone del garage non è il massimo.

Checko la mia posta nella sala apposita e nonostante l’abbia svuotata appena arrivato, è già colma di depliant pubblicitari vari e di inviti, lol, a partecipare a riunioni di tipo religioso. A tutt’oggi registro cartoncini con inviti a partecipare a “convegni” spiritual-gastronomici della Chiesa Luterana, Evangelica, dei Mormoni, Apostolica. Mia moglie sorride ma entrambi decidiamo che la nostra Cattolica vada più che bene. Abbiamo un rispetto stratosferico per i Mormoni che hanno colonizzato per primi las vegas ma almeno per questo topic ci teniamo fedeli alla Chiesa Romana.

Dobbiamo pagare la “Property Tax” (la nostra ICI) e ci dirigiamo verso il “Treasure Department” a Downtown. L’ICI USA è piuttosto cara e questo va tenuto conto per eventuali investimenti; allo sportello una gentilissima impiegata di colore ci fa compilare un assegno con l’importo dovuto (la tassa è divisa in tre rate annuali). Contenti come pasque (lol, chi l’avrebbe mai detto..pagare una tassa ed essere felici…) usciamo non dimenticando di lasciare come souvenir anche i miei occhiali da sole (mai più ritrovati)…sostituiti con malcelato disappunto con un paio di Ray-Ban acquistati all’Outlet di fronte al Wynn (che bello, comperare negli US un paio di occhiali con la dicitura CE! Sigh!). Almeno ho risparmiato per il cambio euro/dollaro…

Un altro aspetto curioso, durante i nostri shopping oltraggiosi, è la risposta con cui ci apostrofano i commessi alla Cassa: “Are you from Italy? And why you buy this stuff here?” Lol. L’Italia per gli americani, giustamente, è la N.1 per l’abbigliamento, ma vai a dirglielo che un paio di Adidas “serie” qua costano intorno ai 100 euro…(Ho visto completi di Dolce e Gabbana anche a $450….qui forse si riesce ad avere la camicia e la cravatta…).

Tornando dall’Ufficio “ICI”, facciamo un giretto a downtown. Downtown è la parte più “storica” di LV e non ci si stanca mai di tornare nel mitico Binions (ex Binion’ Horseshoe); ultimamente le frequentazioni non sono delle migliori visto che downtown è a ridosso della malfamata zona di North Las Vegas. Il parcheggio non è così immediato come nei casinò dello Strip, alla fine optiamo per il parcheggio del Fitzgerald.

Raggiungiamo il Binions dove i proprietari hanno effettuato un sano riammodernamento; vicino ad una delle uscite ci sono due tavoli di black jack e come dealer hanno piazzato delle ragazze prosperose in stile Cowboy. Cappello nero, guepiere nera, calze a rete nere, sguardo molto simile ad una entreneuse, trucco pesante che un chilo di ferro risulta leggero al confronto. La loro capo, parruccone biondo improbabile, sembra uscita da un nostro casino (senza accento finale) degli anni 30: le osserva con fare truce. Entrando nel casinò, poi ne vediamo altre disposte su altri tavoli. Pare che tutto questo sia dovuto al fatto che in città si stanno svolgendo le finali di Rodeo. Certo che i maquillage delle cowgirls erano più consoni alla Convention dell’Hard che si tiene regolarmente qui ogni anno…

Ovviamente, è obbligatorio un salto alla poker room, totalmente rifatta ed incastonata in uno spazio alla sx di quella storica. Due tavoli aperti, giocatori più vicini ai 90 anni che ai 70; il floorman, visto il nostro (mio) indugiare, ci chiede se vogliamo giocare a limit hold’em $2-$4 o a no limit $1-$2. Decliniamo sorridenti (mia moglie molto veloce, non si sa mai cosa passa in testa ad un giocatore…) e cerchiamo la mitica Hall of Fame, cioè la galleria fotografica dei giocatori che hanno fatto la storia del poker. Non la troviamo, ma incrociamo la serie di fotografie dei vincitori dei Main Event WSOP: impossibile non ammirare ancora una volta la foto di Stu Ungar.
Ci portiamo, vista l’ora, verso l’ex snack bar che ci sta a cuore; anche questo rifatto, reso più moderno e per questo ai nostri occhi diventa più “normale”, meno invitante, meno originale…

Ordino una zuppa del giorno ed un classico “burger”. Mi portano una zuppa di fagioli con pezzi del diametro di 3-4 cm di prosciutto grassoccio: roba da cowboys, roba per gente dallo stomaco forte (come la Jerky Beef, pezzi di carne essiccata che però non ho mai assaggiato non sentendone tuittavia la mancanza). In realtà è buonissima anche se il livello del colesterolo LDL (quello cattivo) avrà subito un’impennata stellare.
Timbriamo il biglietto del parcheggio per non pagare (rischiando l’amputazione di tutte e 5 le dita) e usciamo da Downtown.
Ci dirigiamo verso la Main Street dove c’è il Gamblers Shop (paradiso dei giocatori). Vi sono molti libri che non ho (e ne ho davvero tantissimi), scelgo l’introvabile on-line “Deal me” che raccoglie le storie di 20 fra i più famosi professionisti di poker. Un libro che consiglio a più non posso. Non troverete tecniche o strategie, troverete le storie di chi ha fatto del poker la propria professione e senza scorciatoie (sottolineo senza scorciatoie).

Decidiamo di fare un giretto nelle zone meno conosciute di las vegas, la parte north east, quella dove avevo intenzione di acquistare un altro appartamento. Purtroppo questa (Lake Mead East Blvd) è un’area frequentata da poveracci, gente che cammina per strada con il classico carrello della spesa o che ai semafori chiede, peraltro educatamente e sommessamente, un dollaro. I negozi qui non sono i classici mega store americani ma piccoli locali gestiti perloppiù da ispanici; la strada è un brulichio di persone che vanno e vengono dalle loro abitazioni molto modeste. La casa che volevo comperare è a ridosso delle montagne che aprono al Lake Mead Park (stupendo) ed è carina ma la zona, come detto, non convince. In linea generale, nelle città americane (grosse metropoli escluse) più gente circola a piedi per le strade e minore è il livello economico dell’area. Non a caso, nelle areee lussuose di Summerlin (la zona più “ricca” di LV) al massimo si vede passeggiare un joggista o una persona che porta a spasso il cane.
Sono cose risapute, ma vedere queste zone porta un tremendo senso di tristezza, particolarmente in questo periodo di crisi.

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Un’altra zona simile è l’area attigua a Rancho Drive, la via dove è sorto il primissimo hotel-casinò di las vegas (contrariamente a quanto sostengono alcuni che credono che il primo hotel-casinò costruito sia il Flamingo).
Un altro appunto che vorrei fare è che fare benzina di notte in aree “sconosciute” non è consigliabile. I report della polizia (ottenibili on-line o su apposite riviste che mi vengono recapitate per posta) parlano di frequenti “assault” o “robbery” in aree attigue ai distributori di benzina (a proposito, quasi 4 litri di benzina a $2,62…..fare i confronti con l’Italia è obbligatorio…sigh)

La sera riaffora il “problema” pokeristico di dove andare, cosa giocare e soprattutto perchè giocare.
Non è un weekend (presumibilmente meno polli), è crisi, non voglio giocare a no limit texas (il 95% dei giochi offerti a lv è NL).
Ok, ma voglio o no testare le mie skills? Sono stati due fuochi di paglia le mie vittorie precedenti a stud e omaha hl? O, peggio, ho solo avuto culo?
In Italia le strade portano tutte a Roma, a Las Vegas per un pokerista le strade portano tutte al Bellagio. La strada è facile, è quel casinò con quel cacchio di lago davanti e quel casinò dove si fa una fatica boia ad entrare (da Nord) perché c’è la fila di macchine che ammira il gioco d’acqua delle fontane. Non bastasse, il “verde” capita quando è verde pure per i pedoni che in quel punto raggiunge la densità più alta di tutta la città.
Uhm dove parcheggiare? Al 2° piano è impossibile anche di lunedì, al 3° mai stato, al 4° ha portato bene. La cabala è cabala. Vabbè, bando alle superstizioni, vado al 3° piano.

Entro e noto il casinò dannatamente vuoto (in realtà è una specie di sollievo, visto che d’estate è stra full di turisti). Raggiungo la zona della poker room in un millisecondo e prima di vedere che partite ci sono, pisciatina d’obbligo fra un mucchio di persone che sta aspettando di andare a vedere “O”, lo spettacolo del Cirque du Soleil, di cui è proprietario quel mona di Guy Lalibertè che ha perso milioni di $$$ ai tavoli da poker.
Minzione nello stesso pisciatoio di sempre (mai cambiare se le cose vanno bene!). Il campione è limitato (due sedute) ma se si vince mai cambiare cesso.

Raggiungo il floorman di centro (quello degli stack medi) e questo è già un piccolo risultato. “Limit games?” Chiedo. $30-$60 limit hold’em, $30-$60 with a kill omaha hl, mix game $200-$400. Lo stoppo. So che andrà a parare su limiti improponibili. Omaha hl, dico. “You’re second on the list“. “Ok. MT, my name”. MT è il mio nick su ogni poker room americana. Il mio vero è di difficile estrapolazione perfino per un professore dell’Accademia dei Lincei. Potrei dire “Trevix” ma qui scriverebbero “Travis” che esiste e mi starebbe sulle balle.

Nell’attesa vado nel bar attiguo e mi pappo una Bud Light a $6. Pago gli esatti $6 e il barman mi guarda disgustato dicendomi “Thanks a lot, man!”. Traduzione: “Coglionazzo, ti sei dimenticato di spararmi una mancia, deficiente con il codino“. Sorvolo e mi allontano verso il vicino night-club (discoteca). A LV i “night club” sono discoteche, i “gentlemen club” sono……esatto. Esempi di night club (mai stato) sono il Pure, il Tao, etc. Esempi di gentlemen club (super mai stato sennò avrei sperimentato il Trauma Center del Sunrise Hospital) sono il Treasure, il Sapphire (famoso perchè sponsorizzato al Rio da girls in bikini durante le WSOP), l’O.G. (Olympic Garden, frequentato da Stu Ungar), lo storico Cheetah. Vi chiederete: e perchè ***us trevix conosce così bene i nomi dei gentlemen club? Risposta: perchè sulla strada che mi porta a casa, la I-15, le insegne campeggiano luminose ai lati. Le insegne sono accompagnate da biondine accattivanti e così…sigh….

Finalmente mi chiamano. O meglio, vedo che un tipo abbandona il posto per recarsi ad un tavolo appena aperto di un mix game $50-$100. Il mix game è una partita che mi piace e molto ma vedo giochi che non conosco tipo il Baducey….(mix fra badugi e 2-7lowball). Tralascio e mi siedo cambiando i soliti $1500.
Facce solite, quello che mi preme è cercare di capire cosa voglio giocare. Adattarsi al tavolo, ok, ma devo pur avere una pre-strategia.
Avere una pre-strategia a mio parere è molto importante: non bisogna giocare le carte, bisogna giocare sulla propria immagine. E’ una partita di omaha high low LIMIT, e a limit gli americani sono i numero 1.
E’ praticamente un $40-$80 (è un 30-60 ma con il frequentissimo kill dventa 40-80) e cioè un limite non propriamente basso.
Insomma, giocherò molto accorto o giocherò come fanno on-line, cioè con una strategia piuttosto moderate tight-aggressive?

Giocare tight qua non porta da nessuna parte, giocare loose manda sul lastrico. Essere moderatamente aggressivi è altamente consigliato. Dovrò per forza fare un mix dei due.
Purtroppo al tavolo ci sono ben 3 asiatici e, come sapete, ritengo gli asiatici americani (su tavoli medio e alti) molto molto pericolosi. Per fortuna uno gioca in modo abbastanza prevedibile (mai dire prevedibile se non sai il loro running di cards a lungo termine), uno è in sit out e un altro, alla mia sx (sigh) è estremamente aggressivo e munito di montagne di gettoni.
Foldo spesso, e questo mi consente di vedere le mani che giocano fino alla fine (se si arriva allo showdown). Foldando si perdono “solo” 50 dollari a giro (BB $30 + SB $20) e presto mi accorgo che sto giocando “troppo” tight. Sfrutto finalmente la mia immagine di iper tight (una vera novità per chi mi conosce) e sparo un reraise su un giocatore che mi pareva in stealing preflop. La mia mano è un non entusiasmante 7-6-5-4 double suited. Il tipo fa call con smorfia.
Il flop è A-A-J (ho il nulla cosmico) su cui sparo una bella puntata ottenendo il fold dell’oppo.
Manco l’asso aveva ‘sto lazzarone…..

Con fiducia continuo a giocare ma esagero nei call preflop (cioè giocando passivamente, a “pescare”) e mi ritrovo a -500$.
Piano piano riacquisto un pò di fiducia, grazie soprattutto al fatto di vedere carte decenti. Poi, un piatto gigante mi fa volare in alto e da lì continuo a vincere fino a che dichiaro che la mia partita è finita.
Il piatto gigante l’ho vinto con un K-4-2-3 su un board di K-4-7-4-Q. E’ una mano marginale (ma non orribile) che ha fatto andare in tilt un A-K-2 suited e un altro che aveva A-A e low draw.
I punti chiave di questa giocata vanno visti all’inverso. E cioè: se avevo una delle mani suddette perdenti mi sarei difeso? Poi, ho ottenuto il massimo rischiando il meno possibile? Cioè, se un avversario aveva K-K o 7-7 avrei potuto limitare le perdite?
Notare (entro nei dettagli del gioco) che se il turn fosse stata una carta low diversa dall’asso avrei dovuto slowdownare di brutto e forse foldare.
Ne sarei stato capace? (SI= trevix sei sulla buona strada NO= trevix sei mangime per i vegasiani)

Il poker è un gioco di piccoli margini, particolarmente qui, e le cose vanno sempre viste dalla parte opposta e cioè se le cose fossero andate male. Attribuire alla propria bravura una vincita senza valutare attentamente i pro e i contro è altamente controproducente e per ogni mano vanno visti gli eventuali errori altrui in modo da non commetterne in futuro. In effetti, mani simili al contrario ne avevo foldate parecchie (con ragione) e questo ha contribuito all’ “ottimismo”.
Naturalmente, non trovarsi K-K o 7-7 è stato un caso fortunato ma le carte dovranno pur uscire…
E così mi torna in mente il mio fold di 6-6-A-2 su un board di 6-J-K-J (oppo aveva J-K) o il fold con una scala su un board accoppiato (oppo aveva full).
I soldi non sono derivati dalla mano vinta con il full di 4 e K (che cmq ha aiutato ) ma dai fold precedenti.
Aggiungo inoltre che a LV la gente sa foldare (e io pure!) e per me questa è una notizia fantastica (se la gente non folda il poker è uno showdown poker…con i pro e i contro annessi e connessi)…

To be continued (meno male che era una “sintesi”…..)

Ciaooo

Trevix

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