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il 24 Dic 2009

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Marco Trevix a Las Vegas – Quinta Parte

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Si avvicina la data del rientro e mai rientro è stato così triste. Le altre volte ho lasciato sempre con un certo rammarico la città di noi giocatori ma soprattutto dopo le (dis)avventure WSOP anche un sano ritorno a patri lidi non è poi male.
Il bello di noi giocatori, almeno parlo per me ed alcuni altri che conosco bene, è un discorso di questo tipo:
Eliminati da un evento maggiore italiano (IPT, etc) con la solita sculata di turno o semplicemente per mancanza di carte, diciamo: “caz, bisogna fare tornei seri non ‘sta roba qua“.

Dilapidati al cash live italico dai buontemponi di turno che sparano all-in a raffica basandosi principalmente sul fattore “C”, diciamo “ma che gioco è questo qui? Ma giochiamo on-line con gli americani che è meglio
Ecco allora che fioccano le iscrizioni ai vari EPT o alle WSOP con risultati non propriamente rallegranti. E dunque che facciamo? “ma cosa ci iscriviamo a ‘sti tornei maggiori popolati da fuoriclasse….torniamo ai tavoli italiani ricchi di polli...”

Insomma, se è cash italiano bisogna giocare in quello live internazionale.
Se è un torneo IPT o un torneo italiano auspichiamo iscrizioni a tornei dal prestigio nettamente superiore.
Se perdiamo on-line diciamo “meglio il live” e viceversa.
Per poi rientrare sui nostri passi…asserendo l’esatto contrario. LOL.

La cosa che però non può essere fonte di dubbi è che alle WSOP o a Las Vegas in genere l’eterogenità dei giocatori ha sempre un’alta o altissima componente di professionisti (veri) con i controfiocchi.
Detto in sintesi, a Las Vegas a limiti medio-alti un tavolo pieno di pollastri non è mai esistito. Al limite, ci sono i galletti, notoriamente più vispi dei polli comuni.

Le giornate a disposizione oramai sono al lumicino e nelle serate finali di un viaggio a LV di solito si dà o il meglio o il peggio di sè. Mi ricordo di un mio viaggio di qualche anno fa in cui ero alloggiato al Mirage. (OT ma parlando di LV non si è mai OT)

L’aereo era alle 6.45 del giorno dopo e ritenevo inutile (lol) andare a letto per non danneggiare il mio delicato equilibrio gioco/sonno. Insomma, può un giocatore dormire serenamente alle 10 di sera sapendo che sotto si sta scatenando il putiferio ludico?
Direi di no, quindi è utile che faccia una capatina sotto (ero ad un improponibile ed incredibile, per LV, 3° piano e quindi avevo anche il vantaggio dei tempi rapidi ascensoristici, lol).
La poker room offriva giochi che non mi interessavano e così ho shiftato diretto verso la lussuosa sala Baccarat del Mirage. In questa sala il nostro Tony G è di casa, così ho pensato che se ha successo lui potrei averlo anch’io…in ogni caso ormai il senso di preservazione dei soldi, utilissimo a LV, aveva raggiunto soglie minime e incontrollabili (traduzione: non me ne fregava una cippa di perdere soldi).

Vedo un tavolo con il solito asiatico stra munito di gettoni e una vecchiarda con capigliatura cotonata alla Empire State Building che giocava per i minimi ($100).
Mi siedo e dico al floorman, non so perchè (nei casinò succedono connessioni logiche inusuali), che sono amico di Tony G (con il suo vero nome); questi sorride con inchini barocchi e mi dice se voglio giocare. Voglio giocare?Domanda veramente scema, sorvolo e mi siedo cambiando $1000.
In un millisecondo arriva una cocktail waitress che mi chiede cosa vorrei bere. Ben sapendo che le bibite sono offerte mi sono frullate in testa le seguenti possibilità: aranciata, coca cola, birra, whisky invecchiato 75 anni. Ho artatamente optato per il whiskaccio che mi ha raggiunto dopo 1 minuto.

Qui si che sanno trattare gli ospiti. Altro che a Venezia dove un whisky-cola costa 13 euro!!!
Tutti sanno che al baccarat la gente asiatica (il 90% di quella che gioca a baccarat e il 99% di quella che gioca a limiti alti) ama guardare il proprio punto stracciando le carte. Io non lo avevo mai fatto e onestamente mi capitava questa possibilità solo di rado poichè danno la possibilità di “violenza cartacea” solo a chi punta di più. Ovviamente se il puntatore era a banco, potevo vedere le carte se giocavo il punto e viceversa.
L’asiatico puntava imperterrito sul banco e così mi sono immolato a giocare il punto, nonostante ci fosse un filotto mostruoso a banco (insomma stavo giocando da cane). Ma la voglia di stracciare, spiegazzare e violentare le carte era forte e così ho cominciato anch’io a dilettarmi nell’opera.

A -$500 la voglia spiegazzante era sparita e ho cambiato giocando anch’io il banco. Intanto la cameriera continuava a portarmi whisky senza che io li chiedessi e io, naturalmente, me li sbevazzavo avidamente.
Finalmente, con il tasso alcoolemico a 4,00 ho cominciato ad avere intuizioni da favola. “Ora esce il punto. Quattro volte.“. L’asiatico mi guardava come si guarda una suola di scarpa che ha appena incocciato una cacca. All’inizio l’asiatico pareva giocasse il contrario di quello che giocavo io, il problema era che indovinavo sempre.

Ora una parità“, dichiaravo con l’eloquio ormai appannato dal distillato. Solo gli scemi giocano le parità (Tie) a Punto banco-Baccarat essendo gravate da tassa mostruosa (gli ideatori del gioco devono aver preso spunto dall’Italia).
Bum! 6 a 6 (ricordo perfettamente il punteggio). Vinti gli $800, il floorman mi dice “Nice bet“. E io: “Now another one“. Aribum! Altra parità ,questa volta più articolata con il pescaggio della terza carta miracolosa.

Ora un bel filotto di banco“. E tac, il filotto di banco appariva. L’asiatico cominciava a puntare dove puntavo io, sorridendo all’amica (ma sicuramente dicendole che ero un idiota fortunello). La considerazione coram populo l’ho avuta quando l’asiatico, pur puntando molto più di me, mi faceva spillare le carte. Ma mancava ancora la catarsi della serata: l’abbraccio con l’asiatico che arrivava puntualmente quando il punto aveva 7, il banco (noi) zero e chiamando verbalmente un 8 scartocciavo, quasi a renderlo illeggibile, un magnifico 8.

L’asiatico chiudeva la serata raggruppando quintali di gettoni. Io, pure, avendo costruito una bella vincita. Lanciavo due “verdi” (gettoni da $25) di mancia andandomene in camera per aspettare le 3.30, l’ora fissata da mia moglie per l’alzataccia. Durante il viaggio aereo il mal di testa (da bibita) arrivava puntuale ma per chi ha vinto dopotutto sono solo piccoli inconvenienti di percorso. (Sondaggio: meglio le tasche piene con le bibite da smaltire o una perfetta forma fisica e portafoglio vuoto? Solo uno propenderebbe per la seconda risposta: il fegato.)

Insomma, l’ultima serata può dare soddisfazioni perchè non è importante il risultato, quello che conta è resistere finanziariamente fino alla fine del soggiorno. Questo però è probabilmente vero se si considera il viaggio come puro svago che magari riserva qualche soddisfazione pokeristica. Ma volevo catalogare questo viaggio come uno step importante nell’ottica di potersi difendere giocando a cash. E a Las Vegas.
Al “Vai a giocare anche questa sera?” di Rita, rispondevo con un tranquillizzante “Si, ma solo per pochissimo tempo. Faccio presto. O c’è la mia partita o torno a casa“.
Traduzione: “vado a giocare in qualsiasi gioco in cui sia prevista la distribuzione di un mazzo di 52 carte e di tornare presto non mi passa nemmeno lontanamente per la testa“.

Per un giocatore coniugato o che comunque ha un/una partner ed è a Las Vegas uno dei problemi che vanno risolti velocemente è quello del rapido ripristino delle attività psico-fisiche mattutine. Ciò significa che si torna spesso tardi e la mattina non si può stare a poltrire a letto. Pena la serena convivenza. Quindi, a letto alle 3 o alle 4 d mattina e sonno ristoratore “dimezzato” (SRD2): il SRD2 è un fondamentale fenomeno per il quale per rigenerarsi bastano la metà delle ore di sonno che si impiegano normalmente. Se di solito dormite 8 ore, qui ne bastano 4. O meglio, DEVONO bastarne 4.

Così parto alla volta del solito Bellagio dove ormai al mio avvicinarsi al banchetto N.2 il floorman mi dice: “there’s an open seat at the Omaha 8 or better table“.
Nulla da segnalare qui, la stanchezza prendeva il sopravvento e, forse, la consapevolezza che nelle sedute precedenti mi ero difeso assai bene. Un attivo di soli $200 mi rendeva già soddisfatto dopo una sessione giocata in maniera così tight che se un conoscente mi vedeva avrebbe pensato fossi stato un sosia. (In un piatto kill in cui avevano fatto incredibilmente call tutti quanti, da BB foldavo per soli $10—-pot odds stratosferiche).

Le considerazioni finali di questo tipo di partita (Omaha hl e stud high) sono molte:

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  • Tutti sanno giocare più o meno bene e bisogna capire al volo chi è il più skilled.
  • Fondamentale è sfruttare i momenti di tilt degli avversari (li avevano tutti, nessuno escluso).
  • Importante è concentrarsi non parlando con nessuno e capire che immagine si sta dando al tavolo. Su questa costruire la propria strategia.
  • E’ basilare saper foldare ma è altrettanto basilare che gli altri sappiano foldare. Qui (cioè a LV) lo fanno.
  • E’ importante smascherare i bluff: a certi livelli nei giochi limit, se si smaschera un bluff poi non ci riprovano tanto spesso.

Dare l’immagine di giocatore che sa foldare, non è loose, non è smodatamente aggressivo e sa beccare i bluff altrui è essenziale. In tal modo, quando si fa raise o si punta si ottiene il rispetto degli avversari.
Altrettanto importante è non dare l’idea che si è timidi. Giocare tight è ok, ma non deve essere sinonimo di timidezza; inoltre mai giocare “money scared”. Meglio giocare con forza per un’ora, magari rischiando di perdere un bankroll esiguo che giochicchiare timidamente con la paura di perdere e non giocare più per quella sera. A mio parere, questo è validissimo anche per i tornei.

Las Vegas: città triste se non si hanno soldi?

E’ un topic che mi torna in mente molte volte. Ok la città è bella, fantastica, offre tutto e di più (basta leggere i blog di Tony G), non basta una vita per frequentare tutti i ristoranti/locali che ci sono (calcolo vero fatto dal Las Vegas Journal), ma senza soldi come la mettiamo?

Bisogna fare un distinguo. Senza soldi non si può giocare a poker (ma, un attimo..vd poi) e manco pernottare (o pagare le bollette). Però ci sono una miriade di opportunità per mangiare a pochissimo prezzo o, addirittura gratis.
E’ mio intendimento fare in futuro una sorta di “surviving trip”: vedere se si riesce a “sopravvivere” sfruttando le varie opportunità offerte dalla Sin City. Intanto alcune note.

Trasporti: Ci sono numerosi sistemi completamenti gratuiti (i vari Shuttle, i collegamenti sopraelevati Mandalay bay-Luxor-Excalibur e il Mirage-Treasure Island oltre ad altri minori). Si riescono ad avere biglietti gratuiti per la Monorail tramite coupon rinvenibili in alcune riviste distribuite gratuitamente.

Cibo: a parte i numerosi fast food a prezzo irrisorio (nemici cmq di stomaco, fegato, assetto lipidico e…alito), sempre tramite i soliti coupon delle riviste si può assaggiare un hot dog e bibita gratuiti oppure un caffè e un donut gratuiti (il donut è una ciambella americana). “Free drink” o “free ice cream” sono un pò dovunque. Basta cercare.
Con $6,99 si può andare al Buffet dei casinò di downtown (o al Terrible, non distantissimo dal casinò) e rimpizzarsi a dismisura (ho visto vegliardi far sparire dentro borse gigantesche tonnellate di pane e dolcetti…ma non si fa…)
Poi ci sono i “comp” cioè tagliandi che danno diritto a pasti gratis; questi però sono ottenibili solamente dopo aver giocato un tot di tempo (registrandosi tramite tessera, gratuita).

Alloggiamento. Qui si riesce a dormire gratis solamente tramite i suddetti “comp”. Ci sono dei motel a prezzo ridicolo (tipo $29 a notte) ma li sconsiglio (con poco più si dorme al più accogliente Sahara). E’ ovvio che con i comp di un comune pokerista difficilmente si riesce a dormire in una suite del Wynn….

Gioco. “Free slot play” ne ho immagazzinati un pacco. Si può giocare perfettamente gratis alle slot sperando di essere fortunati (alcuni richiedono l’iscrizione tramite una tessera, cmq gratuita). E’ un freeroll, perchè non provare? I tagliandini sono reperibili ovunque, basta cercare.

Poker: ci sono dei tornei freeroll (ok il primo premio non è 1 milione di dollari) nei casinò minori. Sono distanti dallo Strip ma c’è sempre lo Shuttle gratuito.
Ne ho registrato uno al Sam’s Town (ovviamente un NL hold’em) con primo premio di $100 (il secondo e il terzo vincono una maglietta). Problemacci in caso di split a 3: $33 a testa, ok; ma 1,33 di manica a testa sono difficili da gestire. Sono organizzati ad orari improponibili (tipo le 8 di mattina), mega turbo, affollatissimi ma perchè non provare?

Poi c’è un sistema quasi italico ma legittimissimo e simpatico: si va a vedere un torneo qualsiasi, ci si apposta dietro (discretamente) ad un giocatore che sta andando a gonfie vele. Nei break si cerca di scambiare una parola con lui (i fumatori qui sono avvantaggiatissimi), si prova a empatizzare. Si butta lì un “se vinci magari poi mi allunghi un $100…“. Non mi crederete, ma il problema non è che il torneista beneficiante ci cataloghi come viscidi approfittatori ma è che dopo il suo benestare le carte, malefiche, girano da tutt’altra parte. Un suo “player out, out of the money” è per noi un ordine hitleriano di sparire dalla sua vista alla velocità della luce. E di cambiare frequentazione casinonesca di almeno 7 miglia.

Souvenir gratuiti (poco utili per il surviving immediato). A casa (e distribuiti agli amici e parenti) ho:
Tazze (per es. Il Riviera ne dava sempre una in omaggio, non so ora), magliette, borselli, chips, asciugamani, portachiavi, cappellini, ciabatte da piscina, palloni da spiaggia, abbronzanti, creme, accendini, borse termiche, ventilatorini, mazzi di carte, orologi (funzionamento cinese quindi più utili come arma impropria), cinture, perfino una tuta ginnica.
Nell’immediato nulla di contingente, ma ” a caval donato”…

A tal proposito un aneddoto: anni fa ho giocato un torneo NL da $325 al Binion’s Horseshoe (si tenevano ancora le WSOP). Rimaniamo in 19 e pagavano i primi 18. In una mano ho A-Q e vado all-in contro un tipo che aveva 6-6 (e che aveva, ovviamente, più gettoni di me anche se di poco). Il flop è Q-7-5. Turn 9, river 8. Al mio “player out” si alza un odioso “Yeahh” generale con stupidi (dico io) battimani. Il floorman si avvicina e mi consegna un portachiavi di gomma morbida come “consolazione”.

Prendo il portachiavi come un sanitario prenderebbe una siringa infetta e con gesto alla Michael Jordan lo infilo nel cestino dei rifiuti. Poi ci ripenso e improvvidamente vado a riprenderlo fedele alla frase “What happens in Vegas stay (and “take the stuff”, nel mio caso) in Vegas“.

Ciaooooooooo

Trevix

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