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il 31 Mar 2014

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Christian Favale ‘fugge’ a Londra: “L’energia di questa città terrà lontana la mancanza di stimoli”

Christian Favale ‘fugge’ a Londra: “L’energia di questa città terrà lontana la mancanza di stimoli”

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Tutti a Londra. Pare essere questa la ‘moda’ del momento dei pokeristi italiani che, da qualche mese a questa parte, stanno trasferendo le loro skill oltremanica, chi alla ricerca di nuovi stimoli sui vari ‘punto com’ chi, invece, semplicemente alla ricerca di una nuova vita extra-poker in una città davvero elettrizzante.

Dopo i vari Giuliano Bendinelli, Angelo Castelli, Claudio Della Ragione e Stefano Terziani, ha deciso di far le valigie anche il team pro PokerStars Christian ‘IwasK.Mutu’ Favale, che si è ‘confessato’ pubblicando un lungo pezzo sul proprio blog con motivazioni e sensazioni, non propriamente inerenti al poker. Apre, infatti, così l’articolo: “Londra e la sua energia sono l’unico motivo per cui vado”.

Christian su PokerStars.it si trova a proprio agio, è uno dei grinder più forti dell’intero panorama online high stakes, infatti a spingerlo lontano dall’Italia e dalla sua Roma ci sono motivazioni che poco c’entrano con le carte e lui, in esclusiva, ce le ha volute raccontare in modo dettagliato rispondendo accuratamente alle nostre domande, forse anche un po’ devianti dallo ‘standard’.

regent

Scorcio serale di Regent Street

IPC: Un passaggio del tuo articolo mi ha colpito molto: sostieni che la profondità del poker è spaventosa e allo stesso tempo scrivi che la semplicità e la leggerezza sono la via migliore per la ‘risoluzione’ del gioco. Non è un controsenso?

Christian Favale: Non credo assolutamente. Il poker è un gioco incredibilmente profondo, quindi l’unica via per accedervi è affrontarlo nella maniera più ‘umana’ possibile, della nostra dimensione. In questo senso parlo di semplicità. Ridurre e sintetizzare sono esigenze ricorrenti in tutti i campi e il poker non fa eccezione. Parlerei, quindi, più di diretta conseguenza che di contraddizione.

IPC: Quando parli della ‘pericolosità’ del restare fermi, ti riferisci soprattutto alla vita cui è costretto un grinder pro online oppure parli in generale? Cosa ti spaventa di più, appunto, della tua professione?

C.F.: Mi riferivo ad un generico ‘stare fermi’. Nel poker mi spaventa solo la mancanza di stimoli. Tanti aspetti sono ripetitivi e se non cerchiamo continuamente di ‘punzecchiarci’ in qualche modo, il rischio di restare impantanati è altissimo.

IPC: “Ostinata e incontrollata sottrazione di oggetti e idee”: cos’è superfluo, dunque, nel poker?

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C.F.: Per quanto mi riguarda: due monitor, un ingombrante ‘case’ e le continue riflessioni su cosa possa pensare questo o quell’avversario… via tutto!

IPC: Hai scelto Londra: ti ha spinto anche la possibilità di testare le tue abilità sul ‘punto com’ o trattasi piuttosto di una scelta di vita extra-poker? Continuerai anche sul ‘punto it’?

C.F.: E’ unicamente una scelta di vita, unita alla possibilità di poter continuare a giocare sul .it. Non sono mai stato affezionato alla mia città natale e a nessun luogo in particolare: credo che questo tipo di sentimenti siano semplicemente sinonimo di pigrizia e presunzione. L’obiettivo di una persona credo debba esser quello di cercare con estremo impegno il ‘proprio luogo’, quello con cui c’è la maggiore sintonia e affinità. Non credo sia Londra per me. L’ho detto spesso altrove, in un mondo ideale vivrei a New York, ma per il momento non ho voglia di affrontare il farraginoso sistema burocratico americano, per cui scelgo interessanti soluzioni di ripiego… ed eccomi al primo step: Londra. Non è una scelta definitiva, molto probabilmente sarà solo la prima tappa di un viaggio lungo qualche anno, ma dal più ampio respiro.

IPC: Quanto credi che il contesto in cui un poker pro vive possa influenzare, sia positivamente sia negativamente, i risultati ai tavoli?

C.F.: Credo possano esserci solo effetti benefici. Muoversi e vivere nuove esperienze sono stimoli che credo possano aiutare a mantenere vivo l’interesse per il gioco, credo sia il modo migliore per ‘premiarsi’ per il lavoro ai tavoli. Avere la possibilità di poter lavorare ovunque è incredibilmente appagante e la sensazione di essere ‘un uomo in mezzo al mondo’ a tutti gli effetti è così stimolante da far si che ogni volta che si apre il laptop per far una sessione, la ricerca del consolidamento di questo ‘posizionamento sociale’ privilegiato faccia rendere ancora di più.

IPC: Siamo alla fine: cos’è la prima cosa che hai sottratto nella nuova vita londinese rispetto al passato?

C.F.: Forse sono stato troppo serio fin’ora, quindi ti dico… il bidet!

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