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il 16 Giu 2012

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WSOP 2012 – Ari, un dealer italiano emigrato a Las Vegas: “Non ho trovato la fortuna, ma sono contento”

WSOP 2012 – Ari, un dealer italiano emigrato a Las Vegas: “Non ho trovato la fortuna, ma sono contento”

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Andiamo fuori così mi fumo una sigaretta”. Ci sediamo fra tanti tavoli pieni di dealer che sono in pausa come lui. Sulla targhetta c’è scritto “Ari”, è il diminutivo di Aristide Esposito, dealer da 10 anni nei vari casinò di Vegas e da 6 alle World Series Of Poker: “Ho lavorato in altri casinò, ora solo in questo”. Sono tantissimi anni che Aristide vive negli USA, “Prima facevo il tassista a New York”, e adesso un lavoro “completamente differente: è più tranquillo, c’è l’aria condizionata”.

Ari vola a Vegas da emigrante: “Sono andato via dopo il militare, ero parte della Folgore, ma poi non ho trovato lavoro”. Per trovare la fortuna in America? “Non ho trovato la fortuna, ma sono contento della mia vita”.

Il dealer italiano alle World Series Of Poker è originario di Pozzuoli, qui in America in realtà ha già la pensione del suo ex lavoro, da tassista, che ha svolto per svariati anni a New York prima di trasferirsi a Las Vegas: “Ho fatto la scuola per dealers, in modo da avere la possibilità di lavorare qualche mese all’anno per arrotondare un po’… di sti tempi poi!”. E al tavolo Ari dice di averne viste di tutti i colori, l’ultima proprio l’altro giorno quando si trovava a dare carte al tavolo di Daniel Negreanu il quale si sarebbe reso protagonista di una scena abbastanza curiosa.

Al river esce una carta che chiude un probabile flush, e quando l’avversario ha bettato, Daniel si sarebbe arrabbiato a tal punto da stritolare le proprie due carte, per poi annunciare il call e muckare contrariato: “Ho dovuto chiamare il floorman per far cambiare il mazzo, così a Daniel hanno dato due giri di penalità” ha detto Ari, che poi aggiunge, “Invece quel Phil Hellmuth, ho sentito che ne parlano male, ma è molto garbato al tavolo”.

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Qua lavora qualche mese all’anno per arrotondare la pensione, il resto lo passa in giro per il mondo, dell’America non si lamenta del cibo, ma quello italiano rimane il migliore: “In Italia è tutta un’altra cosa, se vivessi lì peserei 200 chili”, ma si direbbe che a mangiare è qui che si ingrassa di più, “Perché ci mettono tutti questi additivi”. Infatti Ari si cucina la pasta solo quando mangia a casa: “Qua c’è la mensa dei dealer, non è male, e poi negli USA c’è tanta varietà di scelta”; e su questo ha ragione, visti la quantità spropositata di ristoranti Cinesi, Giapponesi, Messicani e Italiani (o finti tali) che ci sono in giro.

Ari mi saluta e va a mangiare dopo una lunga giornata di lavoro, domani gli toccherà il torneo dedicato ai Senior, attacca alle dieci e stacca alle diciassette. Ma ogni mezz’ora, avrà il tempo di una sigaretta.

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