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il 21 Giu 2013

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Il ‘teorema del Doge’ conquista Las Vegas

Il ‘teorema del Doge’ conquista Las Vegas

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Diversi giocatori italiani si sono adattati al field di super-duri delle WSOP mettendo in pratica il cosiddetto “teorema del Doge”.

L’espressione mi è arrivata all’orecchio per la prima volta martedì durante una pausa di gioco, quando Luca Falaschi mi ha spiegato così un suo raddoppio: “Avevo coppia di re e ho applicato il teorema del Doge, me le hanno tirate addosso!

Come il nome lascia intendere, il teorizzatore di questa condotta di gioco è ‘il Doge’ Alex Longobardi. Tra i proseliti che la ‘dottrina’ ha mietuto, oltre al summenzionato Luca Falaschi, c’è anche Massimo ‘maxshark’ Mosele, arrivato ieri diciottesimo al 5.000$ 6 max.

Ma in cosa consiste il teorema? Fondamentalmente, nel lasciare che siano gli avversari a tirarti addosso lo stack quando hai un punto forte in mano.

A spiegarlo come si deve è lo stesso Longobardi: “Tanti giocatori americani sono iperaggressivi – dice il Doge – specialmente nella modalità shootout, in cui le dinamiche sono da sit and go più che da torneo. Giocano con range ampissimi e spewano postflop: contro giocatori di questo tipo il check su un board favorevole prende sempre tanto valore. Se invece punti devi trovare il superduro che tribetta committandosi, ma qui i giocatori sono tutti sensati ed è molto difficile che commettano errori di questo tipo”.

Per il Doge esempi concreti di questo teorema sono alcune mani giocate da Massimo Mosele nel ‘torneo dei superduri’:

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“In almeno due mani Maxshark ha preso tanto valore mettendo in pratica questa teoria – se così si può chiamare visto che non sono altro che indicazioni nate chiacchierando tra noi qui a Vegas. Nella prima mano Max ha flattato coppia di assi da bottone con il piano di indurre all’allin uno dei giocatori sui bui, allin che si è puntualmente verificato con coppia di sette. In un’altra mano Max ha checkato flop con top two e l’avversario gli ha sparato l’allin con progetto di colore. Questa mano è un esempio lampante di quanto dico dal momento che è difficile che un giocatore aggressivo ma sensato chiami il tuo resto in draw, mentre è assai probabile che se checki ti metta lui allin quando è in progetto. Per questo motivo il check prende tanto valore in questo field”.

Anche questo ‘teorema del Doge’ è però una medaglia a due facce.

La riprova si è avuta sempre al 5.000$ 6max nella mano in cui Massimo Mosele ha trovato l’eliminazione: il suo check turn ha permesso a D’Angelo di checkare dietro e trovare il set river con cui ha crackato gli assi del patchato Pokeryes.

Ma proprio come una rondine non fa primavera, una mano persa non può certo inificare la bontà complessiva dell’ ‘impianto teorico’.

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