Thursday, Apr. 25, 2024

Strategia

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il 14 Set 2019

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Fino a dove ci si può spingere con il freecoaching? Charlie Carrel va oltre qualsiasi frontiera…

Fino a dove ci si può spingere con il freecoaching? Charlie Carrel va oltre qualsiasi frontiera…

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Free-coaching, ovvero “coachare” (educare, insegnare qualcosa a) qualcuno in modo completamente gratuito.

La maggior parte di noi, appassionati, lettori, redattori o più in generale giocatori, ha appreso qualche informazione in più sul Texas Hold’em proprio attraverso forum, articoli, interviste a professionisti che spiegano i loro ragionamenti e quant’altro, attingendo a piene mani da tutto ciò che può rientrare nella sfera del free-coaching.

Leggere, ascoltare, osservare, memorizzare, imparare, metabolizzare, mettere in atto. Il processo è semplice ma non tutte le informazioni che troviamo in giro hanno lo stesso valore. Come si fa allora, a distinguere la m(armellata) dalla cioccolata?

Non è tutto free-coaching quello che luccica

Di informazioni ce ne sono un’infinità in qualsiasi lingua e formato. Il Texas Hold’em però è un gioco dinamico perché sebbene le regole rimangano le stesse, l’interpretazione che i giocatori ne fanno a seconda della loro competenza o delle mode del momento influisce sulle situazioni di gioco, stravolgendo lo stile che in precedenza andava per la maggiore.

Negli anni d’oro del poker, Dario Minieri era riuscito ad emergere perché giocava in modo ultra-aggressivo contro giocatori poco abituati ad esser messi in crisi in quel modo e per un certo periodo ha avuto successo. Lo stesso dicasi per lo stile “small ball” di Daniel Negreanu, capace di farlo diventare per anni il numero uno al mondo perché prima degli altri aveva capito come affrontare i suoi avversari.

Con l’avvento della GTO le cose potrebbero cambiare ma non nel senso che prima o poi diventeremo tutti dei bot, quanto piuttosto per il fatto che senza una conoscenza di base della strategia ottimale sarà impossibile capire quanto si stia deviando da essa, mettendo quindi in atto un gioco exploitativo con cognizione di causa invece di improvvisare triple-barrel in bluff alla cieca in situazioni a dir poco sconvenienti.

Selezionare il materiale e le fonti da cui ci si informa non è così semplice, perché va sempre rapportato alle nostre necessità quotidiane. Per intenderci, se giochiamo tornei da 5 o 10 euro di buy-in sulle room “punto it” ci servirà relativamente capire le ragioni per cui Patrik Antonius ha deciso di hero-callare Charlie Carrel in blind-war al Triton high roller da 25mila sterline, se a malapena abbiamo un’idea dei range coi quali entrare in gioco in base alle posizioni o più in generale abbiamo una conoscenza sommaria del gioco.

Uno degli errori più comuni infatti è proprio quello di abbuffarsi di finezze tecniche e though process da fantascienza per poi imprecare contro l’avversario di turno perché: “Come ha fatto a chiamare qua, non capisce che con il punto nut giocherei uguale?” A un high roller magari sì, al Big 10 serale (nella maggior parte dei casi) NO.

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Il (free)coaching diretto by Charlie Carrel

Farsi “coachare” direttamente da qualcuno è il passo successivo per chi intende far sul serio col poker. Sia attraverso una scuola di coaching o tramite il coaching privato, è possibile lavorare sul proprio gioco attraverso l’aiuto di software dedicati unitamente all’esperienza del coach.

In genere vengono proposti dei pacchetti comprendenti un certo numero di lezioni o di ore, con costo variabile a seconda del livello che si intende approcciare (più si sale e più una lezione può esser pagata a peso d’oro). Tanti noti professionisti si sono dedicati al coaching dopo aver avuto enorme successo nel poker e tra questi c’è anche Charlie Carrel, recentemente meno presente al tavolo verde rispetto al passato e molto più sui social.

La sua ultima trovata infatti è quella di coachare volta per volta un numero selezionato di allievi a titolo totalmente gratuito:

Ho deciso di fare coaching soltanto gratuitamente, in modo da aiutare una decina di persone selezionate a scalare tutti i livelli. In fondo chi ha più bisogno di coaching sono quelli che non se lo possono permettere e che vorrebbero poter scalare i livelli. La scelta verrà fatta però in base alle loro intenzioni, ai loro progetti futuri e alle loro idee. Ho la possibilità di aiutare qualcuno a guadagnare delle belle cifre e vorrei assicurarmi che questa ricchezza vada a finire in buone mani.”

Questo, a grandi linee, il Carrel-pensiero espresso in una recente intervista ai microfoni di Pokernews.com, che si inserisce piuttosto naturalmente nel suo progetto a scopo benefico del quale parla diffusamente nel video qui sotto, a patto che l’inglese non sia un problema ovviamente:

Se vi siete persi il recente battibecco tra Charlie Carrel e Doug Polk DATE UNO SGUARDO QUI

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