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il 29 Set 2015

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Daniel Negreanu accusato di razzismo su Twitter: “Non tutti gli stereotipi sono negativi…”

Daniel Negreanu accusato di razzismo su Twitter: “Non tutti gli stereotipi sono negativi…”

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Che Daniel Negreanu non abbia molti peli sulla lingua non è certo un segreto.

Ancora una volta sul profilo Twitter di @RealKidPoker piovono commenti e polemiche a causa di una riflessione di Negreanu su un argomento abbastanza delicato.

Tutto è iniziato con una constatazione di Dnegs: “Non è politicamente corretto dirlo, ma sono convinto che essere politicamente corretti faccia MOLTO più male alla società di quanto faccia bene”.

Dopo alcuni commenti Daniel trova l’ispirazione per alcuni esempi che spiegano cosa intendesse: “Quando demonizziamo le parole diamo ad esse solo più potere”, “Un coach di football non dovrebbe essere preso di mira per aver detto o credere che ‘I giocatori di colore sono migliori cornerback’ cosa c’è di offensivo a proposito?”

Come spesso accade nelle discussioni via web, in breve si creano due fazioni distinte: quelli che trovano che ogni generalizzazione in base alla razza sia stupida e sbagliata, e quelli che come Negreanu pensano che se non c’è niente di offensivo, e statisticamente in base alle osservazioni si nota una differenza, sia giusto fare questo tipo di generalizzazioni.

‘Kid Poker’ spiega che il danno derivante dal ‘politically correct’ sta nella nascita della ‘polizia da PC’, ovvero tutti quelli pronti ad accusare di razzismo chiunque faccia delle constatazioni su basi razziali, anche se positive e per nulla offensive.

Con questo Daniel raffredda gli animi e smorza le discussioni, dicendo che il suo obiettivo era solo criticare la ‘PC Culture‘, che sta uccidendo la libertà di parola.

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Infatti secondo Negreanu molta gente per paura di essere criticata tiene per sé le proprie opinioni, o le esprime in maniera distorta.

Inoltre essendo stato accusato di razzismo nel corso della discussione, Negreanu ricorda che da giovane era l’unico bianco nella sua compagnia di amici, che lo chiamava “Token White Guy“, e che Toronto è la città più multiculturale del mondo e funziona alla perfezione.

Dopo aver fatto altri esempi di come certe generalizzazioni razziali non corrispondano per forza di cose a razzismo (“I bambini neri preferiscono giocare a basket che a hockey”, “Gli italiani mangiano un sacco di pasta e il cibo giapponese ha un sacco di pesce”), Daniel parla di come chiunque utilizza gli stereotipi al tavolo da gioco:

“Se vedo un giovane scandinavo con cuffie e cappuccio, suppongo immediatamente che sia aggressivo. Se vedo un indiano dipende dall’età: se è giovane allora è pro, se è anziano invece vuol dire che è un businessman. Se c’è una donna anziana vestita con abiti d’altri tempi, folderò sicuramente su un suo push al river. Molto probabilmente tutti voi fate delle distinzioni di questo genere…” 

Voi siete d’accordo con Dnegs? La provenienza di un giocatore influisce in maniera così importante sul suo gioco? Diteci la vostra sulla nostra pagina facebook!

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