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il 15 Mag 2020

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La magata con cui Antonio Esfandiari ottenne la benedizione del padre per giocare a poker

La magata con cui Antonio Esfandiari ottenne la benedizione del padre per giocare a poker

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Per un giovane che vuole intraprendere la carriera del professionismo con il poker, il primo ostacolo, spesso, sta nelle resistenze della famiglia.

Se questo discorso può non valere in nazioni in cui il poker fa parte della cultura popolare come gli Stati Uniti, altrettanto non si può dire per quei posti in cui di solito il nostro amato gioco viene inquadrato nella sfera dell’azzardo.

Quando mosse i primi passi con il poker, anche Antonio Esfandiari dovette affrontare questo problema: prima di ‘committarsi’ al professionismo con le due carte, ‘The Magician’ voleva e doveva ottenere la benedizione del padre.

Essendo la sua famiglia emigrata negli Stati Uniti da Teheran quando aveva nove anni, per Antonio convincere i suoi cari non fu certo una passeggiata.

Ma come Esfandiari ha raccontato in una intervista a CardPlayer, alla fine ci riuscì, grazie a una “magata” delle sue con cui lasciò il padre a bocca aperta.

 

Gli ostacoli in famiglia

Va da sè che per una famiglia proveniente dall’Iran il poker non fosse visto di buon occhio. Il mestiere del pokerista, nella percezione degli Esfandiari, aveva molto poco di onorevole:

“Non avrebbero mai voluto che fossi un giocatore professionista di poker – spiega Antonio – Non è esattamente quello che un iraniano dovrebbe fare per rendere orgogliosi i suoi genitori migranti. Per un po’ ho fatto il gambler ma la mia famiglia non era per niente contenta”.

Soffrendo per la mancata accettazione del lavoro dei suoi sogni da parte dei suoi cari, Antonio decise di correre ai ripari.

 

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“Indovinavo le carte degli avversari nove volte su dieci”

Fu così che un giorno costrinse il padre ad assistere a una sua partita con l’obiettivo di fargli capire come il poker fosse un gioco di abilità più che di azzardo.

“Un giorno ho invitato mio padre a venire con me e a vedermi giocare una volta. E’ venuto e si è seduto dietro di me. Io quel giorno ero davvero focused”.

Concentrato sul gioco ai massimi livelli con l’intenzione di impressionare il padre, Antonio iniziò a indovinare le carte degli avversari lasciando il signor Bijan a bocca aperta:

“Fondamentalmente gli dicevo le carte che avevano gli avversari prima che le girassero. Ero davvero sul pezzo quel giorno e gli avversari avevano uno stile davvero ABC, nitty, da giocatori old school. Indovinavo le loro carte nove volte su dieci. Mio padre restò a guardare finchè a un certo punto disse: “Wow, hai il mio supporto figlio!””

Da quel giorno il signor Esfandiari è diventato il fan numero uno di Antonio, nella buona come nella cattiva sorte. Ma soprattutto nella buona, verrebbe da dire.

 

“Nessuno si ricorda di te finchè non vinci qualcosa”

Il signor Bijan infatti era al fianco di Antonio anche il giorno in cui vinse il Big One For One Drop che lo fece diventare il giocatore più vincente di sempre nei tornei dal vivo (immagine in alto).

Esfandiari arrivò all’intervista di rito abbracciato al padre. A lui dedicò la vittoria, ma soprattutto a lui regalò il braccialetto in platino disegnato apposta per l’evento da Richard Mille:

“Nessuno si ricorda di te finchè non vinci qualcosa – dice ora Antonio –Il timing per la vittoria del Big One For One Drop non avrebbe potuto essere migliore. Non è un segreto che io mi trovo bene quando ci sono le telecamere, e specialmente in quel tempo volevo ‘essere qualcuno’. Credo che tutti, a un certo punto della loro vita, vogliano ‘essere qualcuno’. Quello era il mio stato mentale all’epoca. Sono stato anche fortunato perchè a quel tempo c’era una specie di bisogno di star nel poker. Gli appassionati avevano bisogno di qualcuno con cui relazionarsi e da guardare alla televisione. Se al tempo vincevi un torneo subito ti ritrovavi ‘nella mappa’ e tutti sapevano chi fossi. Adesso invece puoi anche vincere il Main Event WSOP e l’anno dopo sarebbe comunque ‘Chi è questo tizio?”

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