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il 21 Ott 2015

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Il poker limita la creatività? Quattro chiacchiere con Dario Diofebi, scrittore e giocatore cash-game!

Il poker limita la creatività? Quattro chiacchiere con Dario Diofebi, scrittore e giocatore cash-game!

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Sessioni interminabili, hand review, coaching…

L’attività di un poker player va ben oltre la sessione quotidiana: per avere successo nel nostro amato gioco è necessaria una dedizione fuori dal comune, che tradotta in termini di tempo significa investire gran parte della giornata, compresi i momenti liberi.

Un aspetto che difficilmente lascia spazio ad altri interessi, specialmente quelli che concernono la creatività individuale come musica, pittura o scrittura…

Quest’oggi abbiamo fatto quattro chiacchiere con Dario Diofebi, un nome che non suonerà di certo nuovo a chi conosce la scena italiana da più di qualche anno e presente qui a Berlino in occasione del festival WSOPE, il quale da tempo prova a far conciliare due grandi passioni come il poker e la sua attività da scrittore.

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IPC: Dario, cominciamo con una domanda a bruciapelo: stiamo parlando con lo scrittore o con il poker player?

DD:Mi piace considerarmi prima uno scrittore e poi un giocatore di poker, anche se nella pratica non è sempre vero!” (ride)

IPC: Di cosa ti occupi principalmente?

DD: “Scrivo ‘fiction’ nell’accezione anglosassone del termine, ovvero narrativa, rigorosamente in inglese. Ho già scritto diversi racconti, alcuni dei quali sono stati presi in considerazione da diverse riviste per una eventuale pubblicazione e al momento il mio progetto principale è quello di fare una scuola di scrittura creativa in America per perfezionare il mio stile.”

IPC: Per quale motivo hai scelto la lingua inglese?

DD: “Scrivo in inglese perché ho avuto modo di conoscere il mondo dell’editoria italiana e mi fa schifo…ma soprattutto perché sono sempre stato un grande appassionato di letteratura americana. Mi piace potermi confrontare con la prosa e la tecnica di autori quali David Foster Wallace per citare uno dei miei preferiti, è un territorio nel quale sono a mi agio. All’università ho studiato letteratura inglese e americana con corsi in lingua, poi ho sempre guardato film e letto libri in inglese dall’età di 13 anni e sicuramente l’aver passato a Las Vegas gran parte del tempo negli ultimi due anni ha aiutato e non poco. Ora  ho fatto domanda in circa una decina di scuole per il mio Master, l’ideale sarebbe senza dubbio che venissi preso a Vegas perché potrei dedicarmi sia al poker che alla scrittura.”

IPC: Parlando di poker, qual è la tua specialità?

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DD: “In questo momento sto giocando prevalentemente cash-game live high stakes. Prima facevo parte di una scuola di coaching ed ero più in vista nella scena italiana, ma da quando ho smesso di farne parte probabilmente il mio nome circola meno, specie perché non mi è mai interessato granché apparire. Anche quando coachavo non ho mai postato un grafico o ‘braggato’ i miei risultati, ma solo perché lo trovo profondamente inutile.”

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IPC: In che modo riesci a fa combaciare il poker con la scrittura?

DD: “Trovo che sia estremamente difficile conciliare le due cose e temo di non esserci ancora riuscito a pieno. Il problema principale è che il poker è uno sport, o un gioco che dir si voglia, molto impegnativo a livello mentale e non finisce al termine della sessione. Una volta conclusa la partita si continua incessantemente a pensare agli spot, a studiare le dinamiche al tavolo, confrontarsi con altri regular per capire le loro scelte, a guardare video. E un’attività che va molto al di là del tempo speso a giocare e ti occupa letteralmente il cervello: nel momento prima di addormentarsi, di solito uno dei più creativi della giornata, un giocatore pensa ‘cosa potrei  fare di diverso nei tribettati?’ o qualcosa di simile…

IPC: Giocare live in qualche modo risulta più ‘semplice’ a livello mentale? 

DD: “Uno dei motivi principali per i quali sto giocando meno online è proprio questo, perché l’online richiede una quantità di studio e concentrazione che lascia veramente poco spazio ad altre cose. Giocando live invece, seppur a stakes molto alti il che non semplifica le cose, lo sforzo richiesto è inferiore dato che nonè necessario passare le nottate su Hold’em Manager a leggere le statistiche degli avversari. Ovviamente faccio review con altri giocatori ma cerco di non pensare tutto il giorno al poker. C’è da dire che per trovare delle partite interessanti vivendo ancora a Roma – si fa per dire – devo pianificare delle trasferte, quindi ci sono periodi in cui sono focalizzato solo sul poker e altri, anche abbastanza lunghi, nei quali prendo una bella pausa.”

IPC: Si dice che online si perda molta edge sugli avversari allontanandosi dai tavoli anche solo per un mese, live accade lo stesso?

DD: “In realtà non sto mai completamente fuori dal mondo del poker perché ne periodi in cui non gioco cerco di guardare tantissimi video e tenermi aggiornato. Il poker è in una fase estremamente dinamica, non puoi non tenerti al passo se giochi 10/20 20/40 live perché ci sarà sicuramente il reg che avrà già visto quel tipo specifico di giocata e saprà come fronteggiarla.”

 

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